Page 54 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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non diventano pioggia. Saremo felici insieme perché, in fondo,

        sono un bambino anch’io.
           Lo sai che mi diverto a giocare? Stanotte rientrando in albergo

        ho scambiato tutte le scarpe messe fuori delle camere ed anche

        le richieste delle colazioni. Al mattino è scoppiato il subbuglio.
        Una signora aveva trovato un paio di mocassini da uomo e recla-

        mava i suoi sandali col tacco, un uomo aveva trovato due scar-
        pette da tennis e reclamava i suoi stivali, un tale protestava che

        gli avevan portato soltanto il caffè e cercava le uova al prosciutto

        che aveva ordinato, un altro si rammaricava perché non aveva
        chiesto un pranzo di Natale ma un tè col limone. L’orecchio ap-

        poggiato alla porta, ascoltavo e ridevo in modo così divertito che

        mi sembrava d’esser tornata alla fanciullezza, quand’ero felice
        perché ogni gesto era un gioco.




           * * *



           Ti ho comprato una culla. Dopo averla comprata m’è venuto
        in mente che, secondo alcuni, possedere una culla prima che il

        bambino nasca porta disgrazia come i fiori sul letto. Ma le super-

        stizioni non mi toccano più.
           E una culla indiana, di quelle che si portano a zaino dietro le

        spalle. E gialla e verde e rossa come Peter Pan. Ti caricherò sul-
        le spalle, ti porterò ovunque così, e la gente sorriderà dicendo:

        guarda quei due fanciulli matti. Ti ho comprato anche un guar-

        daroba: magliette, tutine, e un bel carillon. Suona un valzer tutto
        festoso. Quando l’ho detto alla mia amica, per telefono, ha com-

        mentato che manco di qualsiasi equilibrio. Però aveva una voce

        contenta, lavata dell’inquietudine che la serrava il giorno in cui
        partimmo: e-se-lo-perdi-in-aereo? Lei che mi consigliava di eli-

        minarti all’inizio! È davvero una brava donna.

           Infatti non sono mai riuscita a rimproverarla per avermi man-
        dato tuo padre. E quanto a lui, sai che dico? Un uomo che accetta

        di farsi cacciare come lo cacciai io non è un uomo da buttar via.
        Mi ha scritto una lettera, dopo.

           Mi ha commosso. Sono un vigliacco, ammette, perché sono un




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