Page 33 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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La mamma della bambina, dunque, sostituiva questa cameriera

        screanzata: tutti i giorni dalle nove all’una. Lasciava il marito sol-
        tanto per questo, e portava la bambina con sé sostenendo che

        prendere aria le faceva meglio che restare accanto a un uomo coi

        polmoni bucati. Ce la portava a piedi, in un lungo viaggio attra-
        verso strade che non finivano mai.

           Camminando si chiedeva sempre quali infelicità avrebbe ascol-
        tato stavolta dalla bella signora e, prima di suonare il campanel-

        lo, mormorava: «Coraggio!«. Al suono del campanello rispondeva

        una voce strascicata, poi un passo ancor più strascicato, e la por-
        ta si apriva su una vestaglia lunga fino ai piedi: ora bianca, ora

        rosa, ora azzurra.

           Entravano calpestando tappeti, la mamma della bambina po-
        sava la bambina su uno sgabello: quasi fosse un pacco.

           Le raccomandava di stare ferma, zitta, di non disturbare, e poi

        spariva in cucina a lavare i piatti. La bella signora invece si ada-
        giava su un divano, leggendo il giornale e fumando col bocchino.

        Chiaramente non aveva altro da fare. E la bambina non capiva il
        motivo per cui essa non si lavasse i piatti da sé, invece di farli

        lavare alla mamma che aveva il pancione.



           Quel mattino la bella signora si lamentava per una faccenda di

        soldi. Aveva incominciato mentre la mamma della bambina lava-
        va i piatti e continuava mentre lei puliva il salotto. «Capisci«ri-

        peteva «solo quella cifra vuol darmi. «E quando la mamma della

        bambina rispose «con quella cifra mi sentirei una principessa«,
        si arrabbiò. Disse: «A me bastano appena per il taxi.

           Non vorrai mica paragonarti con me! «. La mamma della bam-

        bina arrossì e con la scusa di spolverare il tappeto si inginocchiò
        per terra abbassando il viso sul tappeto. La bambina sentì come

        un pizzicare alla gola. E stava per scioglier le lacrime che le bru-

        ciavano gli occhi quando la sua attenzione fu rapita da alcuni
        oggetti d’oro che luccicavano al sole: una bomboniera di vetro,

        colma di gianduiotti. Però non gianduiotti normali: gianduiotti
        grandi due volte, tre volte, quelli che s’era abituata a mangiare

        nei giorni remoti della casa col cielo. Infatti, di colpo, il pizzicare




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