Page 31 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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na chiamò la sua mamma. Le disse: «Mamma, hanno buttato una

        donna sulla magnolia ed ha colto un fiore «. La mamma venne
        gridò che la donna era morta, e da quel giorno la bambina creb-

        be convinta che per cogliere un fiore una donna dovesse morire.



           Quella bambina ero io, e Dio voglia che tu non apprenda nel

        modo in cui l’appresi io che a vincere è sempre il più forte, il più
        prepotente, il meno ~generoso. Dio voglia che tu non lo capisca

        presto come lo appresi io, oltretutto convincendoti che una don-

        na è la prima a pagare per tale realtà. Ma io sbaglio a sperare il
        contrario.

           Devo augurarti di perderla presto quella verginità che Si chia-

        ma infanzia, illusione. Devo prepararti fin d’ora a difenderti, ad
        essere più svelto, più forte, e buttare lui giù dal terrazzo. Special-

        mente se sei una donna. Anche questa è una legge: non scritta ma

        obbligatoria. O me o te, o mi salvo io o ti salvi te, sono i termini
        di questa legge. E guai a dimenticarla. Qui da noi ciascuno fa del

        male a qualcuno, bambino. Se non lo fa, soccombe. E non ascol-
        tare chi dice che soccombe il più buono. Soccombe il più debole,

        che non è necessariamente il più buono. Io non ho mai prete-

        so che le donne fossero più buone degli uomini, che per bontà
        meritassero di non morire. Essere buoni o cattivi non conta: la

        vita quaggiù non dipende da quello. Dipende da un rapporto di
        forze basato sulla violenza. La sopravvivenza è violenza. Calzerai

        scarpe di cuoio perché qualcuno ha ammazzato una vacca e l’ha

        scuoiata per farne cuoio. Ti scalderai con una pelliccia perché
        qualcuno ha ammazzato una bestia, cento bestie, per strappar-

        gli via la pelliccia. Mangerai il fegatino di pollo perché qualcuno

        ha ammazzato un pollo che non faceva del male a nessuno. E
        nemmeno questo è vero perché anche lui faceva del male a qual-

        cuno: divorava i vermetti che se ne andavano in pace brucando

        insalata. C’è sempre uno che mangia un altro o scuoia un altro
        per sopravvivere: dagli uomini ai pesci.

           Anche i pesci si mangiano fra loro: i più grossi inghiottiscono i
        più piccini. E così gli uccelli, così gli insetti, chiunque. Che io sap-

        pia, solo gli alberi e le piante non divoran nessuno: si nutrono




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