Page 27 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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compagnia forzata, non ci riuscirai.

           Quaggiù una persona non può provvedere a se stessa da sola,
        come fai tu. Se prova, impazzisce. Nel migliore dei casi, fallisce. A

        volte qualcuno ci prova. E scappa nel bosco o sul mare giurando

        che non ha bisogno degli altri, che gli altri non lo ritroveranno
        mai più. Lo ritrovano, invece. Magari è lui che torna. E così rientra

        sconfitto a far parte del formicaio, dell’ingranaggio: per cercarvi
        inutilmente, disperatamente, la sua libertà. Udrai molto parlare

        di libertà. Qui da noi è una parola sfruttata quasi quanto la paro-

        la amore che, te l’ho detto, è la più sfruttata di tutte. Incontrerai
        uomini che si fanno fare a pezzi per la libertà, subendo torture,

        magari accettando la morte. Ed io spero che sarai uno di essi.

        Però, nel momento medesimo in cui ti farai straziare per la liber-
        tà, scoprirai che essa non esiste, che al massimo esisteva solo

        in quanto la cercavi: come un sogno, un’idea nata dal ricordo

        della tua vita prima di nascere, quando eri libero perché eri solo.
        Io continuo a ripetere che sei prigioniero lì dentro, continuo a

        pensare che hai poco spazio e che d’ora innanzi starai perfino
        al buio: ma in quel buio, in quel poco spazio, tu sei libero come

        non lo sarai più in questo mondo immenso e spietato. Non devi

        chiedere permesso a nessuno, lì dentro, aiuto a nessuno: perché
        non hai accanto nessuno ed ignori cosa sia la schiavitù.

           Qui fuori, invece, avrai mille padroni. E il primo padrone sarò
        io che senza volerlo, magari senza saperlo, ti imporrò cose che

        sono giuste per me non per te. Quelle belle scarpine, ad esem-

        pio. Sono belle per me ma per te? Griderai ed urlerai quando te
        le infilerò. Ti daranno fastidio, son certa. Ma io te le infilerò lo

        stesso, magari sostenendo che hai freddo, e un po’ alla volta ti ci

        abituerai.
           Ti piegherai, domato, fino a soffrire se ti mancheranno.

           E questo sarà l’inizio di una lunga catena di schiavitù dove il

        primo anello verrà sempre rappresentato da me, visto che tu non
        potrai fare a meno di me.

           Io che ti nutrirò, io che ti coprirò, io che ti laverò, io che ti por-
        terò in braccio. Poi incomincerai a camminare da te, a mangiare

        da te, a scegliere da te dove andare e quando lavarti. E allora




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