Page 18 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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certe coniglie mangiano i neonati più deboli per poter allatta-

        re gli altri? Eliminarli all’inizio non sarebbe meglio che metterli
        al mondo per mangiarli o farli mangiare? Secondo me sarebbe

        ancora meglio non concepirli affatto. Ma, appena azzardo quel

        ragionamento, si arrabbia. Risponde che la prendeva la pillola,
        certo. Le faceva male, eppure la prendeva.

           Poi una sera se ne dimenticò, e di qui il primo aborto. Con la
        sonda, mi dice. Non ho capito bene cosa sia questa sonda.

           Suppongo un ago che uccide. In compenso ho capito che la

        usano molte e sapendo che procura sofferenze infinite, a volte la
        prigione.




           Ti chiedi perché da qualche giorno non faccio che parlarti di
        questo? Non lo so. Forse perché gli altri me ne parlano in modo

        ossessivo e lo sperano. Forse perché a un certo punto ci ho pen-

        sato anch’io senza dirmelo. Forse perché non voglio confidare
        a nessun altro un dubbio che mi avvelena l’anima. La sola idea

        di ucciderti, oggi, mi uccide e tuttavia mi capita di considerarla.
        Mi confonde quel discorso sui polli. Mi confonde l’ira della mia

        amica quando le mostro la tua fotografia e indico i tuoi occhi, le

        tue mani. Lei risponde che per vederli davvero, i tuoi occhi, per
        vederle davvero, le tue mani, non basterebbe il microscopio.

           Grida che vivo di fantasia, che pretendo di razionalizzare i miei
        sentimenti, i miei sogni. Ha perfino esclamato: «Allora i girini che

        togli dalla vasca del tuo giardino perché non diventino ranocchi

        e non ti disturbino la notte gracidando? «. Lo so~ CONTINUO sen-
        za pietà ad informarti sulle infamie del mondo in cui ti prepari ad

        entrare, sugli orrori quotidiani che noi commettiamo, e ti espon-

        go concetti troppo complicati. Ma a poco a poco va maturandosi
        in me la certezza che tu li capisca perché sai già tutto. Incomin-

        ciò il giorno in cui mi seviziavo il cervello per tentar di spiegarti

        che la terra è rotonda come il tuo uovo, che il mare è composto
        d’acqua come quella in cui galleggi, e non riuscivo ad esprime-

        re ciò che volevo. D’un tratto mi paralizzò l’intuizione che il mio
        sforzo fosse inutile, che tu sapessi già tutto e molto più di me, e

        il sospetto d’avere intuito il giusto non mi abbandona più. Se nel




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