Page 16 - Oriana Fallaci - Lettera a un bambino mai nato
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galmente incinta, tutti si mettono a farle feste e toglierle di mano

        i pacchetti e supplicarla di non strapazzarsi, restare tranquilla.
        Che bella cosa, felicitazioni, si accomodi qui, si riposi. Con me ri-

        mangono fermi, zitti, o fanno discorsi sull’abortire. La diresti una

        congiura, un complotto per dividerci. E vi sono momenti in cui mi
        sento inquieta, in cui mi chiedo chi vincerà: noi o loro? Forse è

        per via di quella telefonata. Ha rinverdito amarezze che credevo
        dimenticate, offese che credevo superate. Quelle inflittemi dai

        fantasmi grazie a cui compresi che l’amore è un imbroglio. Le fe-

        rite son chiuse, le cicatrici appena visibili, ma una telefonata così
        basta a farle dolorare di nuovo.

           Come vecchie ossa rotte quando cambia il tempo.



           Il tuo universo è l’uovo dentro il quale galleggi, rannicchiato e

        quasi privo di peso, da sei settimane e mezzo. Lo chiamano sacco

        amniotico e il liquido che lo riempie è una soluzione salina che
        serve a non farti combattere con la forza di gravità, a proteg-

        gerti dai colpi provocati dai miei MOVIMENTI ed anche a nutrirti.
        Fino a quattro giorni fa, anzi, era la tua sola fonte di nutrimento.

        Con un processo complicatissimo e quasi incomprensibile, tu ne

        inghiottivi una parte, ne assorbivi  un’altra, ne espellevi un’al-
        tra ancora, e ne producevi di nuovo. Da quattro giorni, invece, la

        tua fonte di nutrimento son io: attraverso il cordone ombelicale.
        Sono successe tante cose in questi giorni: io mi esalto e t’ammiro

        a pensarci. La placenta che avvolge il tuo uovo come una pellic-

        cia calda s’è rafforzata, il numero delle tue cellule sanguigne è
        aumentato, e tutto procede a una velocità pazza: l’impalcatura

        delle tue vene è ormai visibile. Sono perfettamente visibili anche

        le due arterie, e la vena del cordone ombelicale che ti porta il
        mio ossigeno e le sostanze chimiche di cui tu hai bisogno. Inoltre

        ti sei sviluppato il fegato, ti sei abbozzato tutti gli organi interni:

        perfino il tuo sesso e i tuoi organi riproduttivi hanno incomincia-
        to a sbocciare! Lo sai già, tu, se sarai un uomo o una donna. Ma

        quel che mi esalta di più, bambino mio, è che ti sei fatto anche le
        manine. Ti si vedono ormai bene le dita. Ed hai una piccola boc-

        ca, ormai: con le labbra!




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