Page 80 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Eh, sì: ricordo. Bisognerebbe parlarne...
Non ne vale la pena. Noi due non abbiamo mai pubblicizzato le
nostre disavventure professionali.
Non siamo tipi come i tipi che fanno gli eroi o le eroine perché
vanno in un paese dove c'è la guerra e pur stando sempre in
albergo si beccano per caso un graffio. L'unica disavventura di
cui abbiamo parlato è stata quella che ci capitò a Città del
Messico dove ci bucarono di pallottole poi ci buttarono nella
morgue. E anche allora parlai solo perché lo sapevan già tutti.
Perché tutti avevano pubblicato la famosa fotografia dell'attimo
in cui eravamo state colpite. Dal punto di vista dei mujahiddin,
d'altronde, quell'arresto io lo capisco.
Khomeini aveva detto a milioni di iraniani che ero cattiva,
quindi non gli meritava che intervistassi anche Bani Sadr: sì o
no? E poi rimane il fatto che lo scatolone di cartapesta lo
sfondai in cinque minuti. Venni fuori bestemmiando come un
caporale di giornata, brutti-stronzi-qui, brutti-stronzi-là, e per
non diventar sordi dovettero accontentarsi di mettermi agli
arresti domiciliari cioè in una camera dello Sheraton.
Torniamo a Bin Laden. E che cosa chiederebbe, a Bin Laden, se
lo intervistasse?
La stupirò. Incomincerei interrogandolo sulla sua infanzia e la
sua adolescenza. Sul fatto che suo padre fosse così ricco e così
legato a re Faysal, tuttavia escluso dai fasti della Corte saudita.
Sono assolutamente convinta che la chiave del personaggio stia
lì: dentro la sua infanzia e la sua adolescenza. Dev'esser
successo qualcosa, nella prima fase della sua vita, che ha dato
fuoco alle polveri del suo orgoglio e della sua megalomania.
Perché non credo che a muoverlo sia stata la molla della
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