Page 74 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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chi sto!». Sotto sotto ne sembra anche un po' intimidito. Proprio
come un parvenu che badando al grado e all'apparenza, non alla
sostanza, si sente finalmente accettato.
Arrivato. Non capisce, insomma, che nella stragrande
maggioranza dei casi chi siede su un trono dell'autorità politica
è un poveraccio qualsiasi cui è capitata la fortuna di vincere la
lotteria. Forse Ferrara s'è dimenticato di spiegarglielo. Se lo
incontrassi, cosa che non desidero perché se lo incontrassi ci
litigherei a morte, glielo spiegherei io.
Gli direi che ho conosciuto più uomini al potere di quanti ne
abbia conosciuti lui. Per intervistarli sono stata giornate intere
con loro, e posso garantirgli che cinque casi su dieci si trattava
di poveri stronzi, sicché lasciarsene intimidire sarebbe stato
insensato. Del resto, nella maggior parte dei casi, ero io a
intimidire loro... Oppure si trattava di tipi da non prender sul
serio. Pensi a Kissinger che il risibile Nobel per la Pace lo vinse
per una Pace mai conseguita. E che anche con me fece un
mucchio di figuracce inclusa quella d'aver negato la famosa
frase sul cowboy e aver detto che in fotografia sembravo una
bella donna ma in realtà ero un brutto anatroccolo. «A little ugly
duck». Nonché quella d'aver scritto nel suo libro Le Memorie
della Casa Bianca che aveva accettato d'incontrarmi per
«vanità» cioè perché voleva essere incluso nel mio «Olimpo dei
Potenti». E quella d'aver scritto, nel libro successivo, che con lui
ero stata cattiva ma con Le Duc Tho ero stata buonissima.
Coglione! Le Duc Tho io non l'ho mai intervistato.
Non l'ho mai incontrato. Non l'ho nemmeno visto da lontano.
Diciamolo chiaro e tondo, amica mia: quelli da prender sul serio
noi due li abbiamo contati sulle dita di una mano. Khomeini,
Deng Xiao Ping, Golda Meir, forse Indira Gandhi. E anche loro
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