Page 117 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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temevo le conseguenze delle mie scelte... Oggi non le temo più.
                I giudizi malevoli non mi condizionano più, il futuro non mi

                preoccupa più. Perché dovrebbe? È arrivato, ormai. E sgombra
                di vani desideri, di superflue ambizioni, di errate chimere, mi

                sento libera come non lo sono mai stata. Libera d'una libertà
                completa, assoluta. Inoltre la vecchiaia è bellissima perché da

                vecchi si capisce ciò che da giovani e perfino da adulti non s'era

                capito. Perché con le esperienze, le informazioni, i ragionamenti
                che abbiamo accumulato, tutto s'è fatto chiaro. O molto più

                chiaro. Alcuni chiamano questo saggezza. E se sono saggia io
                non lo so. A volte lo escludo. Ma so che grazie a quelle

                esperienze, quelle informazioni, quei ragionamenti, il mio
                cervello è migliorato come un buon vino rosso. Ha intensificato

                il suo sapore, ha assorbito le energie che il resto del corpo ha
                perduto. Non che sia scandalosamente vecchia, intendiamoci.

                Sulla faccenda ci gioco un po'. È la mia civetteria. Ma l'Alieno
                mi consuma, a volte non mi reggo in piedi. E, come ho detto

                all'inizio della nostra chiacchierata, quando non mi reggo in
                piedi ragiono meglio. Studio meglio, lavoro meglio. È come se

                la forza delle mie gambe, delle mie braccia, dei miei polmoni si
                fosse trasferita nella mia testa. E questo mi consola a tal punto

                che non mi dico mai «Vorrei-tornare-indietro, ricominciare-

                daccapo». Tutt'al più, sapendo che non durerò molto, esclamo:
                «Proprio ora! Dio, che spreco. La morte è uno spreco».



                È uno spreco anche tenere dentro un cassetto le ottocento
                pagine che chiama «il mio bambino» cioè il lungo romanzo che

                interruppe l'Undici Settembre.


                Lo so. Perché è vivo, quel bambino. Ben vivo. Così vivo che nel

                mio cervello si muove come un feto nel ventre. Muovendosi mi

                chiama, mi reclama, mi rinfaccia i suoi diritti fino a spaccarmi il
                cuore, e ogni volta darei l'anima per tirarlo fuori dal cassetto.

                Riprenderlo in mano, concluderlo. Ma l'Undici Settembre m'ha



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