Page 116 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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pianta parlo spesso del fascismo, dei suoi figli prediletti cioè del
                nazismo e del bolscevismo, del suo concime preferito cioè del

                collaborazionismo. Ne parlo senza considerare il rischio
                d'apparire monotona. Senza curarmi di coloro che essendo

                fascisti, nazisti, bolscevichi, collaborazionisti, certe cose non
                vogliono sentirsele dire o non le capiscono. So che in un

                dibattito televisivo su La Forza della Ragione, qualcuno disse:

                «La Fallaci vive nel passato, è un'antifascista vecchio stile».
                Idiota! A parte il fatto che oltre a non aver colore il fascismo

                non ha età, se c'è una persona che affoga nel presente questa
                sono proprio io. Al passato mi riferisco per fornire un paragone,

                dare un avvertimento. Per ricordare agli immemori che la Storia
                si ripete e che a non conoscerla ci si fotte, che...



                Cosa c'è? Si sente male di nuovo?



                No, no. Solo un po'. Forse è un'altra botta di stanchezza. Forse è
                l'Alieno che si difende dai miei anticorpi. E forse è anche la

                vecchiaia che ormai avanza. Però mi piace, la vecchiaia. Mi
                diverte. Sono sciocchi quelli che la rifiutano e che per rifiutarla

                si fanno il lifting, si vestono da ventenni, barano sull'età.
                Sciocchi ed ingrati. Lo dissi anche ai due amici che dopo l'uscita

                de La Rabbia e l'Orgoglio vennero a New York per
                intervistarmi. L'intervista non gliela detti, no. Però li invitai a

                cena, e a un certo punto gli dissi che la vecchiaia è una
                bellissima età. L'età d'oro della Vita. Non tanto perché

                l'alternativa è morire senza conoscere il lusso di quel privilegio,
                quanto perché è la stagione della libertà. Da giovane credevo

                d'essere libera. Ma non lo ero. Mi preoccupavo del mio futuro,
                mi lasciavo influenzare da un mucchio di cose o persone, e in

                pratica non facevo che ubbidire. Ai genitori, ai professori, ai

                direttori dei giornali dove lavoravo già a diciott'anni... Da adulta
                credevo d'essere libera. Ma non lo ero. Mi preoccupavo ancora

                del futuro, mi lasciavo condizionare dai giudizi malevoli,



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