Page 110 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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(Si chiamava Manlio Cancogni, il supplente.
Presto sarebbe diventato un noto romanziere, e mi conosceva
perché veniva anche lui da Giustizia e Libertà). Ma tra gli
eccessi della mia prima giovinezza e quelli di certi ragazzi
d'oggi c'è una bella differenza, perdio. Tra la carognata per cui
Manlio Cancogni mi dette di mascalzona e il bercio Dieci-
cento-mille-Nassiriya o Italia-uguale-Guantanamo c'è un'intera
galassia. E quei ragazzi io non li capisco. Non li assolvo, non li
perdono. Cristo! Hanno tutto ciò che la mia, la nostra
generazione non ha mai avuto. Quella dei nostri genitori, dei
nostri nonni, dei nostri bisnonni e via dicendo, ancor meno.
Hanno una libertà che sconfina nella licenza e che gli consente
ogni tipo di trasgressione.
Godono d'un benessere che sconfina nello sperpero e che gli
consente di materializzare ogni desiderio, ogni capriccio.
Vivono in una società che li protegge, li tutela con ogni genere
di garanzia. Non conoscono la fame, non conoscono il freddo,
non conoscono la guerra, non conoscono la fatica.
Vanno a scuola gratis, a quattordici anni o anche prima
posseggono il motorino e il telefonino, quando si comportano
male non vengono rimproverati e tantomeno presi a sberle.
Scopano quando gli pare e dove gli pare, ignorano il sacrificio.
E questo dovrebbe renderli migliori di noi che da giovani
abbiamo conosciuto la fame e il freddo, la guerra e la fatica, che
per comprarci la bicicletta siamo andati a lavorare, e che di
rimproveri ce ne siamo presi a bizzeffe e in alcuni casi anche
sberle.
Il benessere e la libertà di cui godono dovrebbe renderli più
intelligenti, perdio. Più evoluti, più colti, più buoni. Invece li
rende meno intelligenti.
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