Page 51 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Italia e la condanna a ventitré giorni di carcere inflittagli dalla
pretura.
Cosa? Come ha detto? Che dice?
Via, don Jaime, non inventi ora che ignorava ogni cosa. Guardi i
giornali.
Querida, io non dico bugie. O meglio, le dico: ma tutt'al più sui
serpenti di venti metri. Sulle cose importanti io sono la Verità
stessa e le dico: sapevo di aver combinato qualche guaio ma
ignoravo d'essere stato condannato in pretura per questo. Che
cosa atrocemente volgare, non trova? Tanto più che i soldi io li
ho, ho almeno venticinque milioni di pesetas pari a
duecentocinquanta milioni di lire, l'unico guaio è che li ho in
Spagna da dove è proibito esportarli. Guardi la lettera che la mia
banca inviò ad Asunción in risposta a una lettera con la quale
chiedevo di trasferirmi due milioni di pesetas: non si può. Che
posso fare, querida?
Non so, don Jaime. Non me ne intendo. A occhio e croce
pagare, direi.
E lei crede che non lo farò? Guardiamoci negli occhi, querida.
Io non sono un truffatore, un marrano. Sarò pazzo, bizzarro, ma
la mia coscienza è pulita. Se avessi fatto qualcosa di male, se
avessi vergogna di me, crede che sarei qui a parlare dinanzi a un
magnetofono senza arrossire?
Querida, io sono avvocato, laureato fin dal 1945, e quei due o
tre assegnucci a vuoto rappresentano l'unico delitto commesso
in tutta la mia vita. Io odio il delitto, soprattutto se è piccolo.
Come spiegarmi? Insomma: posso truffare un governo, il
contrabbando ad esempio lo adoro, c'è nulla di più sacro del
contrabbando? Ma la piccola truffa: che schifo!
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