Page 50 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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La vita è dura, don Jaime. E lei, lo ammetto, non è tra i più
fortunati. Comunque mi segua, don Jaime: questa conversazione
dalla quale deve scaturire il ritratto del vero don Jaime...
Così, per superare la delusione, mi sono sfogato a colpi di
frusta. Ho ammazzato sei serpenti coral a colpi di frusta: sa,
quelli rossi e neri che se ti mordono non c'è antidoto, e sono
lunghi almeno venti metri? Querida, lei non sa che sono
campione di frusta. Campione mondiale: mi son guadagnato
questa corona di alloro tra i concorrenti di undici paesi, nel
1957, a Long Island. Il concorso era: spegnere sei candele senza
toccare la cera, rompere sei tappi di bottiglia senza sfiorare le
bottiglie, togliere due orecchini a pendaglio a una donna senza
ferire la donna, tagliare in due una sigaretta posta tra le labbra di
due donne senza far male alle donne: io ho fatto tutto ed ho
vinto. Ah, che anno magnifico fu quello: il ricordo mi scalda più
di questo bicchiere di whisky.
Abitavo a New York, dentro un camion da dodici tonnellate
arredato come un salone Luigi XIV, con lampadari, tappeti,
poltroncine a «petit point», dentro ci entravan perfino il mio
segretario e la mia cameriera, e con un tal camion andavo al
Metropolitan in frac. Avevo trentadue anni e non conoscevo
l'orribile esperienza di una sorella regina. Ah, mi fanno ridere
quelli che dicono: «Fa così da quando sua sorella è regina». Io
faccio così dal 19 luglio 1925, giorno nel quale sono nato. Sulla
fonte battesimale, ricordo, morsi a sangue la balia che m'era
antipatica: nascendo avevo già un dente. E da allora la preghiera
che i Mora y Aragón recitano all'ora del vespro finisce così:
«Signore, proteggi la Spagna e riconduci quella bestia di Jaime
sulla retta via. Amen».
Chissà che avranno detto leggendo la storia dei suoi assegni in
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