Page 311 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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ritardo. E


                quando entrò soffocato dal mio profumo di fiori, soffocandomi

                col  suo  odor  di  lavanda,  tanto  stirato  e  perfetto  che  nessuno

                avrebbe  potuto  rimproverargli  una  piegolina,  un  capello
                fuoriposto, un bottone sganciato, arrossii leggermente. Così dice

                il  fotografo.  Del  resto  anche  Rubi  arrossì:  un  rossore,  dice  il
                fotografo, che stava al mio come un pomodoro maturo sta a un

                guscio  d'uovo.  Ciò,  conquistandomi,  mi  rinfrancò  a  un  tale
                punto che cominciai subito a sistemare il magnetofono, a fare le

                prove:  «Pronto,  pronto.  Prova  unoduetrequattro.  Prova
                unoduetrequattro».  Poi  alzai  la  testa,  con  un  bel  sorriso,  e  il

                sorriso si spense: il pomodoro maturo era stinto in qualcosa che
                stava tra il guscio dell'uovo ed il torlo. Quanto alle fragoline di

                bosco fissavano il vuoto, perdute, come se, avendo trascinato in
                alcova  Elizabeth  Taylor,  Rubi  si  fosse  ritrovato  fra  le  braccia

                che so io, Nikita Krusciov.



                Apriva la bocca, la richiudeva. Inghiottiva saliva, espirava. Si
                stringeva  con  mani  di  tenaglia  i  ginocchi,  tremava  quanto  ho

                visto tremare soltanto il mio Yorkshire Terrier che è il cane più
                freddoloso del mondo: il giorno in cui lo lavai in un torrente e lo

                misi  ad  asciugare  sotto  un  pallido  sole.  E  non  solo  tremava,
                sudava:  goccioloni  di  ansia  che  dalle  tempie  percorrevano  in

                rivoli il volto abbronzato e cadevano dentro il colletto a due o
                tre per volta, toctoc, toctoctoc. Nel silenzio totale che era caduto

                tra lui e il mio stupore sembrava quasi di udir quel toctoc: mi
                sentivo come una strega che sevizia un bimbo innocente e non

                comprende l'infamia che sta commettendo. Cercai di spiegargli
                che non gli avrei fatto del male: da un punto di vista patologico,

                anzi, la conversazione sarebbe stata del tutto indolore. Rispose

                che  il  magnetofono  lo  innervosiva,  se  non  lo  chiudevo  non
                avrebbe  incominciato  a  parlare.  Chiusi  il  magnetofono,  presi

                penna  e  taccuino.  Non  ottenni  nulla  di  più.  Riaprii  il



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