Page 253 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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d'ospedale pagato dagli scrittori sovietici... E


                pensare che io la credevo ricco, professore. Dopotutto ha vinto

                il Premio Nobel, è...



                Ricco?!?  E  che,  ho  vinto  al  Totocalcio?  Il  Nobel  è  una
                beatificazione, quanto vuole che durino ventidue milioni?



                Ricco? Io, se non lavoro, non campo. E il mio lavoro cosa crede

                che frutti? Ho una cattedra di letteratura italiana che mi da uno
                stipendio  con  cui  pago  la  donna  di  servizio.  Faccio  molte
                traduzioni,  ma  le  tasse  e  la  Società  degli  Autori  si  ripigliano

                tutto e tanto varrebbe stare sdraiati sul letto a fumare. All'estero

                si  guadagna  pochissimo.  I  diritti  d'autore  in  Italia,  quelli  sì
                avrebbero  potuto  essere  importanti  se  il  mio  editore  si  fosse

                occupato dei miei libri. Invece pensava anche lui che il Nobel
                toccasse  ad  un  altro  e,  quando  l'ho  vinto,  il  mercato  era

                sprovvisto:  prima  che  le  ristampe  fossero  pronte  è  passato  un
                anno.  A  Buenos  Aires  ci  hanno  impiegato  un  mese  appena  a

                preparare l'edizione spagnola, dopo il Nobel, ma a Milano ci è
                voluto  un  anno.  Ricco!  Hanno  avuto  paura  che  potessi

                diventarlo, ricco. Certo, non soffro la fame. Anzi, la soffro ma
                perché mangio questi cibi artificiali, ripugnanti, io li metterei al

                muro  quelli  che  s'occupano  di  alimentazione,  non  si  può

                mangiare  la  carne,  né  le  uova,  né  la  frutta...  Ma  lo  sa  che
                siccome gli snob amano le arance rosse, a ogni arancia fanno
                una iniezione di anilina rossa? A ogni arancia che viene dalla

                Sicilia, anzi no, dalla Spagna, perché la Sicilia deve restare zona

                depressa. La scorsa estate sono stato in Sicilia: che pena quegli
                alberi carichi di limoni e di arance che nessuno aveva raccolto.

                Sembravano esseri umani trasformati per metamorfosi in alberi,
                come  nel  poema  di  Ovidio.  A  proposito  di  Ovidio.  Che

                letteraccia ho scritto ad Antonello Trombadori. Mi aveva scritto,
                si figuri, chiedendomi la traduzione di alcuni poemi di Ovidio




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