Page 251 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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non ci vengo, posso farmela io con quattro deficienti che
pensano solo alle elezioni? Ah, no? Lei non vuole invitarmi a
Varese? Bene, la richiamo io, mi dia il numero, certo che lo
ricordo, perché crede che io non plagi nessuno, perché ho
memoria e mi ricordo ciò che è stato già scritto. Dunque, cara,
cosa dicevamo?
Ecco... vede... Si parlava del suo modo di lavorare. Lei lavora
soprattutto la notte, vero? Qualche volta fino alle otto del
mattino e, alle otto, invece di riposare un pochino, doccia fredda
e via.
L'ho sempre fatto. La mia vita è sempre stata una vita da
soldato. E poi la notte non suona il telefono, non c'è il traffico
d'uomo come di giorno. Allora... l'organizzazione del silenzio,
dicevo.
Una organizzazione romana, con deviazioni a Firenze, Bologna,
Milano. Soprattutto Milano. Chissà perché giunti alla
Lombardia, certi comunicati delle agenzie si fermano sempre.
Sono stato in Germania, ho letto le mie poesie in un castello al
lume di candela, poi in una università a duemilacinquecento
studenti: non hanno scritto una parola. Sono stato a Vienna,
l'ambasciatore è venuto a prendermi all'aeroporto, mi ha fatto un
pranzo con tutti gli altri ambasciatori, io sedevo accanto al
ministro degli Interni e va da sé che io preferisco avere accanto
una bella donna anziché il ministro degli Interni: non hanno
scritto una parola. Sono stato a Barcellona, ho letto quattro mie
poesie nell'aula magna dell'università, c'erano millecinquecento
studenti, tutto il corpo accademico, il decano, quando mi sono
alzato per leggere l'applauso è durato dieci minuti, nemmeno a
Detroit quando Robert Lowell aveva letto le poesie in un teatro
con quattromila persone l'applauso era durato tanto: non hanno
scritto una parola. Sono stato in America, nel 1962 gli americani
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