Page 247 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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fatta  da  Attilio  Bertolucci  e  aveva  scritto:  peccato  che  non
                contenga i maggiori poeti italiani, citando il mio nome. Dopo

                l'annuncio del mio Nobel, però, lo stesso Cecchi scriveva: «A
                caval donato non si guarda in bocca», e insomma non ero più un

                poeta per questo venerando signore che evidentemente il Nobel
                lo voleva per sé. Non so per quali opere, visto che i suoi libri di

                critica  sono  considerati  articoli  di  giornale...  Pronto?  Pronto?

                Ah, questo telefono! Chi è lei?


                Cosa vuole? Ah, no, caro amico: io in provincia di Varese non

                ci vengo. Io vado a Cambridge, io vado a Oxford ! Cosa crede,
                che voglia risubire lo scherzo che m'han fatto a Lecco ieri sera?



                Quell'idiota  che  voleva  sapere  come  fanno  i  poeti  a  scrivere
                poesie, quell'idiota che non sa nulla del marxismo e dice d'esser

                marxista.



                Dica ad Alicata che i comunisti m'hanno seccato, che io sono
                più  a  sinistra  di  loro:  conformisti,  maleducati,  rompiscatole...

                Scusi, cara, di che parlavamo?



                Ecco... io... veramente... Ah, sì: della sua casa. Chi lo avrebbe
                detto  che  lei  abitasse  in  una  casa  tanto  modesta,  sopra  un
                negozio per la torrefazione del caffè e una merceria? Queste due

                stanze così spoglie, da albergo moderno, arredate solo coi libri e

                i ritagli che parlan dì lei...


                E  che  si  aspettava?  Che  abitassi  in  una  casa  arazzata  come

                quella di Guido Piovene? Morirei.



                Preferisco star qui, in un quartiere popolare, almeno non sento
                sbattere  tappeti.  Nei  quartieri  eleganti  ci  sono  sempre  le

                contesse  che  ordinano  alle  cameriere  di  sbattere  i  tappeti:
                patapum,  patapum,  patapum.  Io,  sa,  i  conti  e  le  contesse...

                Dunque,  dicevo,  io  non  capisco  perché  quei  signori  di  prima


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