Page 244 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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quanto una poesia di Quasimodo». Ma una frase gentile, un
giudizio pacato, avrebbero potuto tributarglieli perbacco! Da qui
la vendetta, più dolce del miele, che il Nobel regalò ai suoi
rancori. Da qui l'intervista che n'ebbi: più che un'intervista, una
requisitoria incessante, un perpetuo lamento. Sollecitato dal
microfono che gli spingevo davanti, il Poeta non risparmiava
niente e nessuno, ogni pretesto era buono al suo brontolare: le
uova che non sono fresche, il comunista che sbaglia la data in
cui Ovidio morì, le arance che son troppo rosse, lo stipendio che
non gli basta per pagar la domestica, il consigliere d'ambasciata
che gli promette i carciofi e poi non li porta, il silenzio con cui
lo boicottano, l'inverno e l'estate, la primavera e l'autunno, la
pioggia ed il sole, la notte ed il giorno.
L'avevo incitato ad essere cattivo ed ora non riuscivo più a
contenerlo: come un torrente, come una frana, la sua violenza
investiva uomini e cose. E lui ne godeva, ci sguazzava dentro, vi
si abbandonava come ad un atto sessuale e squisito ognivolta
chiedendomi «Va bene così?».
Chiedendomelo strizzava un occhio, avido dei complimenti che
si fanno ai bambini quando hanno cantato una bella canzone: e
fu questo ad indurmi al sospetto che Quasimodo sia meno
cattivo di quanto si creda, che sia anzi buonissimo, e faccia il
malvagio per accontentare la gente. Quanti di noi non recitano
un personaggio per accontentare la gente e quando decidono di
mandare la gente all'inferno, essere come gli pare, è ormai
troppo tardi? Il tavolo del Poeta, gli scaffali del Poeta, le sedie
del Poeta erano pieni di libri, ritagli di giornale, riviste ciascuna
delle quali portava una fotografia di Quasimodo che
naturalmente era brutta e l'avevano messa per fare dispetto a
Quasimodo. I libri invece erano i suoi: tradotti in tutte le lingue
del mondo, dall'indostano al cinese, dall'arabo al finlandese; e
ciò lievitava la sua scoperta, innocente vanità. Dei poeti come li
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