Page 243 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Madrid, febbraio 1963
Ed è subito Nobel
Al di là dei baffetti alla Adolph Mengiou, il Poeta mi guardava
con occhi tristi e compiaciuti: ergendosi, spalle all'indietro, in
tutto il suo metro e sessantacinque di altezza. La fronte
spaziosa, resa ancor più spaziosa da una disperata calvizie,
testimoniava anche ciinicamente la sua intelligenza e la voce
suonava come uno schiaffo mentre sputava cattiverie e
indulgenze, malignità e verità. Si addolciva soltanto
pronunciando una parola che ai suoi orecchi è musica d'arpa e
alla sua scontentezza porta il lenimento di un bacio: Nobel,
Nobel, Nobel. Nel 1959 Quasimodo vinse il Premio Nobel e
dallo choc non è ancora guarito: qualsiasi cosa dica finisce col
parlare del Nobel, coi ricordare che ha avuto il Nobel. «E quel
signore che il Premio Nobel...» «Come se non avessero escluso
l'Italia dal Nobel...» «Tanto è inutile che si sforzi: lui, il
Nobel...» «Il Nobel è il premio dei premi.» «Il Nobel è un
riconoscimento mondiale.» «Il Nobel è una beatificazione.» Se
un giorno trovandomi nell'Africa Nera venissi a sapere senza
altri particolari che Quasimodo è passato a miglior vita (e con
tutto il cuore gli auguro d'essere anche fisicamente immortale)
non esiterei:
«L'ha ucciso» direi «il Premio Nobel. Quel malanno lo
consumava da tempo».
V'è una ragione per cui il Poeta si consuma in quel male: i
letterati e i loro cenacoli lo hanno sempre trattato malissimo,
comunque non l'hanno mai amato. Non che egli abbia mai fatto
nulla per meritarne l'affetto: la sua lingua è sempre stata più
velenosa di un cobra e la stima di sé sempre priva di dubbi:
«Questo sonetto di Shakespeare» disse un giorno «è quasi bello
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