Page 254 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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«per non so quale centenario della sua morte». Centenario!


                Come se Ovidio fosse vissuto al tempo di Paganini. Non aveva

                guardato nemmeno il francobollo sulla busta: era Ovidio e c'era

                scritto «Bimillenario della morte di Ovidio».


                Certo, professore, capisco benissimo che non abbia amici. Non

                si  può  dire  nemmeno  che  faccia  molto  per  procurarseli:  se  la
                piglia  perfino  con  le  arance  e  con  chi  fa  uno  sbaglietto  su

                Ovidio.  Ciò  è  senza  dubbio  divertente,  coraggioso,  ma...  se
                posso permettermi...



                Cara  fanciulla,  io  di  amici  ne  ho  a  milioni:  ho  quelli  che  mi

                leggono, il popolo. Non c'è un autista che non mi riconosca, non
                c'è un cameriere che non mi chieda l'autografo, in tutte le parti

                del mondo... I miei amici sono quelli come Armand Su, giovane
                poeta della Cina rossa, il quale scrive che nella sua biblioteca c'è

                «più Quasimodo che Confucio». Sono quelli come i due medici
                finlandesi che mi hanno mandato a firmare l'edizione finlandese

                del  mio  ultimo  libro,  guardi  qui  che  roba,  cosa  vorrà  dire,
                sembra  la  lingua  delle  renne  e  dei  pinguini,  come  faranno  a

                capirla...  I  miei  amici,  senta:  c'erano  cinquecento  ufficiali
                italiani  chiusi  nel  campo  di  concentramento  di  Przemyl,  in

                Polonia. Uno di questi aveva un mio libro, Ed è subito sera, e sa

                cosa facevano per sopravvivere?


                Ogni mattina leggevano una poesia e la commentavano: quasi

                fosse la Bibbia. Ero dal dentista, anni fa, aspettavo il mio turno,
                e  quando  l'infermiera  mi  chiama,  ecco  che  un  uomo  balza  in

                piedi,  mi  abbraccia,  e  mi  racconta  l'episodio.  Era  uno  dei
                cinquecento ufficiali. Questi sono i miei amici.



                D'accordo, professore. Ma quella ostilità, quel silenzio...



                Ma l'invidia, cara! L'invidia è un conforto e ai letterati non va


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