Page 255 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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giù che io sia quel che sono, che parli come parlo, che pensi
come penso. La mia rottura coi letterati cominciò nel 1946 con
un discorso all'Angelicum sulla poesia contemporanea. «Chi te
lo ha fatto fare» mi disse qualcuno, e io risposi: non chiedetemi
chi me lo ha fatto fare, sarebbe lo stesso che chiedere al Foscolo
chi glielo fece fare di leggere all'Università di Pavia la
prolusione che gli costò il posto e l'esilio. Il posto a cui i letterati
italiani tengono tanto: il posto alla televisione, il posto alla
radio, il posto all'università, il posto nella giuria, pronto!
Accidenti, pronto! Senta, chiunque lei sia, sappia che in
provincia di Varese non ci vengo. Scusi, cara, cosa diceva?
Io nulla, professore. Ho rinunciato da un pezzo a dire qualcosa.
Parla sempre lei, non riesco a farle domande.
Comunque era arrivato al posto nella giuria: il che ci conduce,
mi pare, ai cenacoli letterari, agli austeri signori che alle otto di
sera si incontrano nei caffè per organizzare ipremi letterari,
lodarsi...
I premi letterari! Prima i premi letterari li distribuivano i
principi, ora li distribuiscono gli industriali per risparmiare i
soldi nella pubblicità. Premio Marzotto? Stoffe. Premio Strega?
Liquori. Premio Chianciano?
Terme. Premio Viareggio? Carnevale. Premio Soave? Vino.
Premio Salento?
Vino. Premio Cortina? Sci. Ma che importanza hanno i premi
letterari? Nessuna, nessuna, nessuna.
Non c'è stato un solo premio letterario che abbia indicato un
autore nuovo, un autore vero: escluso qualche ragazzino
imbecille che faceva parte del loro cenacolo e dopo venti giorni
è stato dimenticato in tutta serenità. Io, per avere il Premio
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