Page 215 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Non so come l'ho perso. L'ho perso. Forse c'è stato un episodio,
una paura: ma non so quale. So solo che si è rotto qualcosa, qui
dentro.
Vuole dirmi che quando indossa il «vestito di luce», ed entra
nell'arena, a testa alta, e suona la musica, e dalle tribune urlano
forte il suo nome, lo incoraggiano, lo invocano, lei non sente più
nulla? Vuole dire che quando si fa il gran silenzio e lei sta per
uccidere il toro, migliaia di occhi lo guardano, lei non sente più
nulla?
Proprio così. Non sento più nulla. Ecco, insomma, qualche volta
mi viene la voglia di toreare: per esempio mentre mi faccio la
barba e sono qui, in campagna. Così dico ai miei amigos fate
entrare un toro nella plaza, mi va di fare una faena, e la faccio,
magari mi dispiace che la faena venga bene e nessuno la veda:
ma niente di più.
Io credo che questo sia come perdere la vocazione di scrivere,
ecco, lo diceva Ernesto, tu hai un libro in testa e senti il bisogno
di scriverlo, poi di colpo non ne senti più il bisogno, il libro t'è
andato via dalla testa. Può darsi che tra un anno o due anni o tre
mesi la voglia mi ritorni, come ritorna un libro, lo diceva
Ernesto: ma ora non c'è. E questo è tutto.
Eppure la sua vita era lì, è ancora lì: nell'arena. Ammenoché
non lo facesse per denaro. Non so quale torero ha detto «Niente
ti fa toreare come la fame».
Non l'ho mai fatto per denaro, per vivere io ho così poco
bisogno del denaro. Non sono nato povero, mio padre, el Nino
de la Palma, era un famoso matador e aveva denaro. Mio nonno
era un altro famoso torero e aveva denaro. Io sono il secondo di
tre fratelli, tutti e tre siamo toreri e nessuno dei tre ha mai
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