Page 211 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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avide, uno schiaffo sonoro si abbattè sulla guancia rasata del
torero mas grande de Espana mentre gridavo:
«Vaccaro, fascista!». Poi mi alzai seguita da Marco e Mercedes,
il volto olivastro di lui era diventato color della cera. Marco e
Mercedes tentavano inutilmente di spiegarmi che aveva bevuto
un po'"troppo, avevamo tutti bevuto un po'"troppo.
Lo rividi l'indomani a mezzogiorno: quando mi preparavo a
tornare a Madrid e lui a Valcargado. Era vestito di nuovo da
contadino, in una mano stringeva un fagottino di pesetas e
nell'altra due libri. Si fermò sulla porta della mia camera e poi
lentamente, a testa alta, avanzò. Con gesto pudico, posò le
pesetas sul letto. Qui si fermò, vergognoso più di un bambino
che viene a chiedere scusa, scandì lentamente: «Io ti ho
perdonato e sono venuto a chiederti di perdonarmi». Risposi che
anch'io gli avevo perdonato e gli chiedevo di perdonarmi.
«Bene» esclamò. «Allora ti dico che sei un grande amigo, uno
dei miei amigos più grandi.» Poi mi abbracciò, come si
abbraccia un amigo, e mi porse uno dei libri che aveva per titolo
Antonio Ordonez, el torero mas grande de el mundo. Lo aprii:
dentro c'era una dedica che non mi apparteneva. Quando però se
ne accorse, lo agguantò come se fosse stato una bomba senza
sicura: «Oh, no! Il tuo è questo. Guarda, c'è scritto: "A Oriana,
mi grande amigo"», «Grazie» risposi. «E l'altro per chi è? Per
Marco?» «No, no» si schermi’. «Per Mercedes?» «No, no» si
schermì. «Per...?» «Adiós» rispose e, voltandomi brusco le
spalle, si avviò verso la porta. Sulla porta esitò, quasi avesse
voluto aggiunger qualcosa. Ma non la aggiunse e si limitò ad un
sorriso. Il suo sorriso era tornato innocente, il suo sguardo puro.
Cosi non gli chiesi se il vecchio era partito e dove lo potevo
trovare. Risposi «Adiós».
ORIANA FALLACI: Anzitutto, don Antonio, vorrei chiarire
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