Page 217 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Ora però, più che distrarmi col calcio, voglio incominciare a
leggere.
Non mi dica che non ha mai letto i libri di Hemingway, che è
stato tanti anni vicino ad Hemingway e non ha mai letto i suoi
libri.
I libri di Ernesto, sì. Oh, sì. Quelli li ho letti. Ma non è la stessa
cosa. I libri di Ernesto li leggevo quando Ernesto non c'era
perché era come stare in conversazione con lui. Ernesto scriveva
come parlava e poi scriveva le stesse cose di cui parlava, così
quando lui stava negli Stati Uniti e mi prendeva malinconia
leggevo un suo libro, ed era come se lui fosse in Spagna con
me. Comprende?
Comprendo. La storia della sua amicìzia con Hemingway è una
delle cose più belle che lei possa narrare: questa intesa
straordinaria tra due uomini tanto diversi per età, per mestiere,
per formazione... Ora che la conosco capisco perché
Hemingway le volesse così bene e capisco tutto ciò che gli ha
dato: la semplicità, per esempio, la chiarezza nel vivere... Però
anche per lei è stato un bel privilegio averlo come amico.
Io non ero amico suo perché si chiamava Hemingway. Io sarei
stato amico suo anche se non fosse stato così famoso: i miei
amici non sono mica famosi. Quello che mi piaceva in Ernesto
non era mica l'uomo famoso: era l'uomo. E soprattutto mi
piaceva il suo istinto paterno, lui era come un padre per me.
Diceva che gli assomigliavo perché gli ricordavo sé stesso
quando era giovane.
Anche fìsicamente. Era un'amicizia muy simple, Ernesto diceva:
l'unico patto è che tu non scriva mai un libro e che io non faccia
mai una corrida.
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