Page 168 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Ma  nel  calcio  tutto  è  così  paradossale.  Non  è  paradossale  ad
                esempio che dopo un gol noi giocatori ci si abbracci e ci si baci?

                Pensi  due  uomini  che  si  baciano:  oltretutto,  ridicolo.  Non  è
                paradossale che quando esci dal campo ti abbraccino e ti bacino

                anche tipi che non hai mai visto? Pensi a un tipo che non ha mai
                visto  e  le  si  getta  addosso,  piangendo,  e  la  graffia  con  la  sua

                barba  lunga:  oltretutto,  disgustoso.  Eppure  accade.  E  non  mi

                pesa più del necessario.


                La partita di Londra le sarà pesata, invece. Entrare in campo e

                giocare sotto gli occhi di migliaia di persone eccitate come il
                mio tassista non dev'essere stato uno scherzo.



                No, no: anche a Londra ero tranquillo, tranquillissimo. Io resto
                sempre  tranquillo,  anche  quando  il  pubblico  urla:  quell'urlo

                bestiale che sale come un'unica voce dentro un imbuto. Magari

                per  un  poco  lo  vedo,  il  pubblico,  però  non  lo  sento:  e  presto
                finisco per non vederlo nemmeno più. Vedo soltanto quei cento

                metri per settanta, il rettangolo di gioco. Che sopra il rettangolo
                vi siano dieci persone o diecimila o centomila o nessuna, per me

                è assolutamente lo stesso. Io gioco perché mi piace, mi piace
                davvero, non perché la gente mi guarda. Chi si preoccupa della

                gente si emoziona. E chi si emoziona è finito. Io ho imparato
                molto presto a controllarmi.



                Lo  vedo.  Anche  una  sua  coetanea  che  fa  un  mestiere  assai
                diverso dal suo, ma altrettanto paradossale, Catherine Spaak, mi

                parlava così. Molti ragazzi della sua età parlano così. Qualcosa

                dovrà pur pesarle, però.


                Il sacrificio che comporta l'essere così famoso, la disciplina cui

                è  costretto,  la  rinuncia  alle  mille  sciocchezze  che  si  fanno  a
                vent'anni...







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