Page 165 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Appoggiata al muro c'era la mamma, col grembiule da cucina e
                le  mani  chiuse  sul  ventre,  gli  occhi  gelosi  e  orgogliosi.  Le

                ragazze telefonavano interrompendoci spesso e, quando questo
                accadeva,  gli  occhi  di  mamma  Rivera  erano  un  po'"più

                orgogliosi; quando invece si posavan su me, erano un po'"più
                gelosi. Ma cosa voleva questa sconosciuta con le braccia nude e

                le  domande  indiscrete?  Ma  che  aveva  da  rimproverare  al  suo

                Gianni?  E:  «Attento,  Gianni»  diceva  ogni  volta  che  lui  si
                piegava in avanti per spiegarmi qualcosa. Sicché non capivo se

                la raccomandazione fosse diretta a ciò che il Gianni spiegava o
                al fatto che il Gianni si piegasse in avanti. Il Gianni, allora, le

                lanciava uno sguardo furbesco quasi a dir stai tranquilla, so io
                quel  che  faccio  e  che  dico.  Lo  sapeva  anche  quando  portai  il

                discorso sui libri, sulla scuola che egli lasciò nel momento in cui
                la scuola serve davvero a qualcosa: sedici anni. A sedici anni si

                incomincia a capire chi era Napoleone e chi era Dante Alighieri,
                si scopre Dio o l'ateismo, la verità o la retorica; i libri non sono

                più un bagaglio di noiose nozioni.



                Ma lui li gettò proprio allora alle ortiche: per non leggerli più. È
                suo  padre  che  gli  consiglia  o  gli  ordina  di  non  leggerli  più:

                nemmeno nelle noiosissime ore durante le quali non ha niente
                da fare.



                Il  padre  del  Gianni  fa  il  ferroviere.  Nelle  giornate  d'inverno,
                quando il freddo gela le mani ed attaccare un vagone fa dolere

                le dita fino alle lacrime, non si consola pensando che suo figlio
                sarà  un  giorno  avvocato  o  ingegnere,  almeno  impiegato  di

                banca:  si  consola  pensando  che  suo  figlio  è  già  calciatore,  e
                guadagna un milione per mese, e ci ha la fuoriserie e riceve le

                lettere  come  un  attore  del  cinema.  È  stato  sempre  il  sogno  di

                papà  Rivera,  è  il  sogno  di  molti  italiani  che  vivono  un'epoca
                infangata dal Totocalcio, la pubblicità sui mediocri, il successo

                overnight.  Quando  io  andavo  al  ginnasio  mio  padre  diceva



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