Page 109 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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l'intenzione di continuare.
Lo scriva. E scriva anche che, se le parlo, è per fare coraggio a
chi è nel mio stato. Perché dicano:
«Via, non è il caso di disperarsi, se Arletty se la cava, posso
cavarmela anch'io». O perché le mamme spieghino ai bambini
che devono mettersi le gocce negli occhi: «Stai attento, può
essere mortale, pensa ad Arletty». E perché la gente abbia un
po'"più di cura degli occhi. Chissà perché la gente si cura i
piedi, lo stomaco, tutto, fuorché gli occhi. Io non ho fatto così?
Mi occupavo delle unghie, delle gambe, dei capelli, e mai degli
occhi. Gli occhi sono come la vita: si capisce quanto sono
importanti quando non ci sono più. Questo però non lo scriva.
Suscita pietà e la pietà è così detestabile. Bè? Non vorremo
continuare a parlare soltanto dei miei occhi!
Nient""affatto, Madame. Parliamo di lei, della sua vita, della sua
straordinaria carriera: del fatto ad esempio che lei sia arrivata a
simboleggiare l'epoca d'oro del cinema francese. Prima, se non
sbaglio, era dattilografa al ministero della Giustizia, poi
indossatrice da Poiret, poi modella di pittori come Matisse,
Kisling, Vlaminck. Fu Paul Guillaume, il collezionista, a darle
un biglietto di presentazione per Sacha Guitry, vero? Me ne
parli, la prego. Nessuno può parlare di Arletty come Arletty.
Una volta lei disse: «La mia voluttà è analizzarmi. So sempre
quello che dico e perché lo dico. Allo stesso modo in cui so
sempre quello che faccio e perché lo faccio».
Questo!... Non lo sapevo affatto ciò che facevo quando ho
sbagliato collirio. Sì... Poiret, Matisse, Guillaume, Guitry: da
raccontare ne avrei. Ma a che servono le rievocazioni? Non è il
passato che conta. Solo il presente, conta. E il futuro. Quella
maledetta medicina. Sa, quella che mettevo nell'occhio
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