Page 104 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Gli occhi del Paradiso



                Quando  Arletty  spalancava  i  suoi  magici  occhi  nel  film  Alba

                tragica e seduceva Jean Gabin nella parte di una donna non più

                giovane e disincantata di ogni illusione, io andavo alle scuole
                elementari e studiavo la storia di Attilio Regolo che i cartaginesi

                chiudono dentro una botte irta di chiodi e fanno rovesciare giù
                per una scarpata. I tedeschi, era il 1938, preparavano l'invasione

                dell'Europa  nordoccidentale,  il  mondo  tremava  in  attesa  della
                catastrofe,  e  sopra  la  cattedra  della  maestra  c'era  il  ritratto  di

                Mussolini  e  di  Vittorio  Emanuele  re  d'Italia  e  imperatore
                d'Etiopia.  Dal  mondo  dei  grandi  cui  chiedevo  inutilmente

                sollievo per scacciare quei patriottici incubi, non ricordo di aver
                udito fare il nome di Arletty. Nei rari momenti in cui il babbo e

                i  suoi  amici  non  mormoravano  misteriose  parole  come

                democrazia  e  dittatura,  ai  miei  orecchi  giungeva  soltanto  il
                nome di Greta Garbo. Al babbo piaceva lei. Alla mamma invece
                piaceva un'altra signora che si chiamava Norma Shearer. E



                comunque al cinematografo io andavo soltanto per vedere una

                bambina di nome Shirley Temple cui invidiavo la fossetta nel
                mento e i gran riccioloni.



                Ho sentito parlare per la prima volta di Arletty alcuni anni dopo

                la guerra e ho conosciuto il suo volto in seconda liceo, il giorno
                in cui un compagno di scuola mi portò a vedere Les enfants du
                Paradù: in una specie di cineclub studentesco. A quel tempo non

                sapevo  nulla  di  Prévert  e  Carne,  dell'epoca  d'oro  del  cinema

                francese, di una certa corrente della cultura francese: mi beavo
                in Sartre.



                Come  se  ciò  non  bastasse,  uscivo  raramente  coi  ragazzi:  anzi
                mai. E poiché il ragazzo mi tenne la mano per tutta la durata del



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