Page 99 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Interessante: quando intervistai Bergman, anche lui mi parlò a
lungo di lei. Voleva sapere un mucchio di cose: come viveva e
come parlava...
E tu, le solite balle: chissà che gli hai detto. Le mie bugie
mischiate alle tue... Oddio! Mi piacerebbe conoscerlo, Bergman.
Fino ad oggi ci siamo scritti soltanto. C'è un produttore
simpatico e irresponsabile che voleva fare un film a episodi con
me, Bergman e Kurosawa: quello straordinario regista di I sette
samurai. Mi pregò di scrivere a Bergman al quale del resto
avevo sempre mandato saluti attraverso giornalisti svedesi. Così
gli scrissi caro Bergman, ti ammiro tanto e ti voglio bene come
ad un fratellino, c'è questo produttore che vuol fare questa cosa,
secondo me è un progetto un po'"avventato ma proprio perché
pazzo vale la pena di tentare. Bergman mi rispose una
bellissima lettera dove diceva che avrebbe fatto questa cosa con
gioia e infatti non s'è fatto ancora nulla.
Un'altra caratteristica di Bergman è che se ne frega
completamente di ciò che scrivono i critici su di lui: ma in
questo non vi assomigliate. So che lei ci bada parecchio a certe
critiche con le parole difficili che finiscono in ismi, asmi, e
parlano di dialettica, etica, estetica... Qualcosa del genere: legga
un po'"questo articolo.
Ma che dice questo qui? Ma che vuole? Non ha mai capito i
miei film nonostante gli piacciano: ne sono sicuro. E a dirtela
chiara mi dispiace che gli piacciano. Io ho un vocabolario
scarso, dinanzi a queste parole resto sconfortato. Del resto il
cinema, tranne cinque o sei confortanti eccezioni, ha la critica
che si merita: è un'arte giovane, sgangherata. Tutti fanno la
critica in senso libresco, mai umanisticamente, ma che me ne
importa? Io non sono uno di quelli che corrono all'edicola per
sapere cosa ha scritto il critico Tale; a proposito, cosa ha scritto
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