Page 97 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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zittì, in un confuso miagolio di violini imbarazzati. Judy aspettò
che l'aereo fosse lontano, poi disse: «O. K. Ricominciamo». Di
nuovo, l'orchestra attaccò. Ma la cantante non era pronta.
«Ho caldo» disse. Si tolse il mantello di lustrini e lo buttò a
terra come uno straccio. Sotto aveva un vestito di chiffon nero
che le fasciava maledettamente male la vita corta e i fianchi
assai larghi. Lo sapeva: infatti si osservò un poco con
espressione disgustata e disse: «Puah!». Poi ebbe un lungo
sospiro, tese l'orecchio verso altri rumori e finalmente cantò.
Due ore e mezzo durò lo spettacolo e, sebbene Judy cantasse
come un angelo, non ricordo d'avere tanto sofferto. Ogni tanto
Judy si interrompeva, si rivolgeva al pubblico o chiedeva
qualcosa.
Qualsiasi sciocchezza bastava a irritarla o a incrinarle la voce.
Quando finì, avevo la fronte gelata.
«Credevo di vederla morire» dissi a Liza.
Liza era bianca. «Dico,» brontolò «non guarisce mai.» C'era
nell'aria un certo disagio, nonostante gli applausi. Sinatra si alzò
con scatto iroso, allontanandosi con le mani sprofondate nei
calzoni. Ha voluto molto bene alla Garland, sono tutt'oggi ottimi
amici, nessuno come lui capisce quando sta male.
«Mi piacerebbe parlarle» dissi a Liza.
«Proviamo» disse Liza. E ci avviammo verso il suo camerino.
Molto tempo dopo, quando gli altri se ne furono andati,
potemmo entrare da lei.
Rinvoltata in un accappatoio bianco, i riccioli neri coperti da
un tovagliolo a mò di turbante, si stava struccando. Non
dimenticherò quella faccia di bambina rugosa, e quegli
splendidi occhi che mi fissavano come per capire se si poteva
fidare di me. Provai per lei una improvvisa simpatia, composta
di tenerezza e di pietà. Dovette avvertirlo. «Sieda» ordinò con
voce un po'"roca.
«Ha voglia di parlare?» chiesi. «Se no, me ne vado.» Temevo
perfino di infastidirla ma intanto, senza volerlo, le guardavo la
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