Page 102 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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né  ciglia  finte,  le  labbra  un  poco  sporche  di  cioccolata,  Judy
                Garland sembrava cinquantenne. Le vedevo le rughe precoci, e

                ormai  benissimo  anche  la  cicatrice  sotto  la  gola  ed  ero
                affascinata  da  quegli  occhi  neri,  e  disperati,  in  fondo  ai  quali

                tremava una disperazione ostinata.
                  Tutti, a Hollywood, vogliono apparire normali e nessuno riesce
                ad  esserlo:  nemmeno  quando  parlano.  I  superlativi  scivolano

                dalle loro bocche come foglie dagli alberi in autunno e qualsiasi
                cosa  è  «colossale,  fantastica,  spettacolare,  straordinaria,

                terrificante».  I  vezzeggiativi  indorano  ipocritamente,  fino  alla
                nausea,  i  loro  rapporti  sociali  e  il  poliziotto  che  fa  la
                contravvenzione perché attraversate la strada col semaforo rosso

                vi chiama honey (miele), la telefonista che fa i dispetti perché
                osate sollecitare una chiamata in Italia vi chiama sweet- heart

                (dolce  cuore),  la  diva  che  rifiuta  l'intervista  vi  chiama  doli
                (bambola).  E  ognuno  vi  chiama  darling,  baby,  sweety,  love

                anche quando vorrebbe affibbiarvi son of a bitch.
                    Vi  sono  a  Hollywood  più  ammalati  di  nervi  che,  credo,  in

                qualsiasi  altra  parte  d'America  e  forse  del  mondo.  Una
                espressione  clinica  vi  insegue  a  Hollywood:  «nervous  break-
                down» che significa, press'a poco, esaurimento nervoso. Non ho

                ancora  conosciuto  una  celebrità  che  non  abbia  sofferto  o  non
                soffra di «nervous breakdown». Come non ho conosciuto una

                celebrità che non lamentasse un
                  «complesso» o non si nutrisse di pillole contro l'angoscia e la

                malinconia. Qui le pillole si vendono a chili, in ogni drugstore,
                sebbene Orson Welles mi ripeta che sono passate di moda: oggi

                si adopera lo sleeping System, un arnese che si mette sotto il
                guanciale  e  ripete  mentre  dormite:  «Dormo  e  sono  felice.  Mi
                sveglio e sono contento. Io sto bene e sono tranquillo». E poi,

                c'è sempre la psicanalisi. Si va dallo psicanalista, a Hollywood,
                come in Italia si va in farmacia a comprare un antinevralgico.

                    Gli  psicanalisti  arricchiscono  qui  come  i  cercatori  d'oro
                arricchivano cinquantanni fa in Arizona.

                    Solo  a  Beverly  Hills  ve  ne  sono  novantacinque.



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