Page 103 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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L'appuntamento va preso con qualche mese d'anticipo. Ogni
psicanalista cura un complesso. Particolarmente frequenti sono i
complessi di persecuzione e di inferiorità. Non si tratta di
fantasie: la maggior parte degli attori ne soffre davvero. E si
capisce perché.
Sono poveracci: anche se strapagati, e «divini» e
«inaccessibili»: nessuno li rispetta o rispetta le loro vite private.
La frase che ho sentito ripetere spesso dai magnati del cinema è
la seguente:
«Esistono al mondo tre categorie di persone: gli uomini, le
donne, e gli attori». Il divo, insomma, non è a Hollywood un
essere umano, ma un prodotto sintetico, fabbricato dal
dipartimento del trucco, dalla pubblicità, dal press agent,
dall'operatore, dal produttore e dai giornalisti.
«Guardateli, questi bastardi. Guardate che piscine e che
automobili. Qualche anno fa non avevano neanche un penny per
comprarsi un hot- dog. E ora ti dicono grazie? Macché»: un'altra
frase che ho sentito ripetere spesso. Gli studios li trattano come
bambini irresponsabili, ingrati e stupidi e dopo poco anche i
poveracci si convincono di esserlo.
Un numero strabiliante di loro ha tentato o compiuto il
suicidio. È inutile enumerarli in una macabra lista: vi ho
raccontato di Judy Garland. Un altro esempio recente è quello di
Susan Hayward che due anni fa venne ricoverata in stato
comatoso alla Clànica Cedri del Libano per indigestione di
barbiturici.
Stremata dal lavoro, suggestionata dal personaggio che aveva
interpretato in un difficilissimo film (quello di Lillian Roth,
altra suicida, in I Will Cry Tomorrow), umiliata dall'abbandono
di un marito che amava e dalla severità di uno studio che le
rinfacciava lo scandalo, la Hayward lasciò i figli alla madre, si
chiuse nella sua villa di San Ferdinando e inghiottì due tubetti di
sonnifero.
Talvolta quelli che i medici chiamano «pressioni», «tensioni»,
«complessi», finiscono davvero per far perdere il bene
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