Page 51 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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che è timida come una bimba, detesta gli estranei e frequenta
                soltanto  le  vecchie  glorie  del  muto  per  giocarci  interminabili

                partite  a  scopone.  Ma,  se  una  telefonata  vi  fa  oltrepassare
                l'inaccessibile  cancello  di  Pickfair,  potete  vantarvi  di  avere

                stretto  la  mano  al  più  autorevole  monumento  vivente  di
                Hollywood.
                    Ho  avuto  l'onore.  Entrai  a  Pickfair  un  pomeriggio  e,

                improvvisamente,  nel  salone  coperto  di  arazzi  comparve  una
                signora  minuscola  e  tonda  che  si  aggrappava  a  un  bicchiere

                colmo di whisky. Era vestita di verde, aveva i riccioli ossigenati
                e  sul  visino  rugoso,  dalle  ciglia  pateticamente  irrigidite  dal
                rimmel e le labbra sbavate di rossetto, c'era una espressione di

                incantata sorpresa. «Oh, là là»
                  disse sedendosi sull'orlo della poltrona, proprio sotto il ritratto

                di  quand'era  giovinetta,  com'è  sua  abitudine  fare  quando
                incontra  gli  sconosciuti.  «Oh,  là  là.  Vous  venez  d'Italie.  Je

                n'aijamais été en Italie...» (invece c'è stata, più d'una volta) e si
                aggiustava il busto che le stava un po'"stretto e la costringeva a

                restare  inteccherita  come  se  fosse  fatta  di  gesso.  «Oh,  là  là.
                Maisje  parie  italien,  savez-vous?»  «Davvero,»  dissi  «è  una
                sorpresa squisita.» Nessuno a Hollywood parla italiano e intanto

                mi  chiedevo  perché  non  parlasse  italiano,  dal  momento  che
                diceva di saperlo.

                    «Oh,  ouioui,  aimez-  vous  ma  prononciation?»  disse  con  gli
                occhietti  che  le  brillavano,  non  so  se  per  la  commozione  o  il

                whisky.
                  «Sì, sì,» dicevo senza capire «una pronuncia perfetta.» Rideva,

                contenta, seguitando ad aggiustarsi quel busto. «Il mio povero
                Douglas parlava sempre italiano, ce mari là parie anglais» disse
                con  un  sospiro.  Poi  si  alzò,  mi  baciò  su  una  guancia,  mi

                accarezzò  un  occhio  e,  barcollando,  uscì  dalla  stanza,
                aggrappata al suo whisky. Seppi più tardi che Madame, la quale

                da alcuni anni ha la memoria deliziosamente svanita, si rivolge
                agli  stranieri  soltanto  in  francese  convinta  che  al  di  là

                dell'Atlantico  si  parli  solo  la  lingua  da  lei  appresa  a  Parigi



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