Page 47 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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padrone del cinema. Di solito il massimo sforzo cerebrale di un
                divo  al  momento  di  incidere  il  cemento  fresco  consiste  nel

                compilare la frase: «Grazie, Sid» o: «Love, Sid», ma gli ingenui
                guardano  con  inalterato  rispetto  quei  cimeli  che  attirano  più

                gente  che  non  la  tomba  di  Dante  a  Ravenna.  C'è  chi  viene
                apposta dalla Louisiana e dal Minnesota per vedere la grafia di
                Tyrone  Power  e  di  Shirley  Temple,  di  Al  Jolson  e  di  Gloria

                Swanson, di Alan Ladd e di Bette Davis, e il resto. Betty Grable
                ha lasciato l'impronta della gamba destra, Jimmy Durante quella

                del naso, Joe Brown quella della bocca, Monty Wooley quella
                della  barba,  e  John  Barrymore  vi  immortalò  il  suo
                indimenticabile  profilo,  Jean  Harlow  vi  lasciò  la  piega  di  un

                ricciolo. La notte, quando i riflettori illuminano quelle funeree
                lapidi da cimitero e gli ingenui sostano con le braccia incrociate

                mormorando commenti simili a Requiem aetemam, vi coglie il
                sospetto  che  i  divi,  là  sotto,  siano  già  bell'e  sepolti.

                «Hollywood» dice infatti Orson Welles «è un camposanto dove
                i  morti  respirano.»  Il  sospetto  che  siano  fantasmi  oltre  che

                cadaveri  vi  coglie,  del  resto,  anche  di  giorno.  Le  persone
                qualsiasi  non  li  incontrano  mai,  e  ignorano  dove  essi  abitino.
                Ragazze  in  calzoncini  e  bellissime  gambe  che  sperano  di

                mettere a profitto del cinema, vecchi pigri e decisi a non farsi
                impiegare  nemmeno  come  comparse,  mendicanti  stufi  di

                chiedere  l'elemosina  sostano  laddove  il  Sunset  Boulevard
                cambia nome e diventa Bridle Path, per vendere opuscoli con

                gli indirizzi dei divi. Gli opuscoli costano un dollaro, hanno un
                tono ufficiale, ma serbano amare delusioni a chi li compra.

                  La maggior parte degli indirizzi risale a vent'anni fa, altri sono
                fasulli:  perché  quelli  veri  sono  tenuti  segreti  come  la  formula
                della luna artificiale. Se, per caso, sono esatti, il turista non vede

                che  la  facciata  di  un  bungalow  e,  a  volte,  soltanto  una  siepe:
                giacché le case dei divi sono spesso nascoste dietro il più fitto

                fogliame,  quasi  avessero  da  nascondere  infiniti  peccati.
                Pochissimi privilegiati si avventurano al di là della siepe: è più

                facile  essere  ricevuti  dal  papa  in  udienza  privata  che  entrare



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