Page 56 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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Gerusalemme:  quieta,  rispettabile  e  pia.  Costruì  il  suo  ranch
                proprio  nel  punto  in  cui,  oggi,  l'Hollywood  Boulevard  si

                incontra con Vine Street, e lo chiamò con un nome grazioso e
                innocente: Hollywood, che vuol dire Bosco di Agrifoglio. Volle

                che fosse un ranch pulito e severo: al mattino e al tramonto si
                leggeva  con  voce  ispirata  un  sermone  e  nessuno  osava
                pronunciare  una  frase  che  ricordasse  «l'abominevole  cosa  che

                chiamano amore». Soltanto chi temeva il castigo finale, vale a
                dire  le  creature  inattaccabili  dai  liquori,  dall'esibizionismo  e

                dalla pigrizia, poteva accedere a quel santuario del buoncostume
                dove la bevanda più audace era la limonata, il passatempo più
                frivolo  era  giocare  a  dama,  e  l'occupazione  meglio  accetta

                cantare le lodi del Signore.
                  A quel tempo i fratelli Lumière avevano appena presentato a

                Parigi la loro «fotografia in movimento» e nessuno, nemmeno a
                Los Angeles, sapeva cosa significasse la parola «cinema». Ma

                un giorno di novembre del 1903, certa di compiere un atto di
                beneficenza per il futuro dell'umanità, la signora Wilcox si tolse

                l'abito  a  scacchi,  se  ne  mise  uno  di  seta,  cambiò  la  cuffia
                d'organza con un cappello adorno di rose e, accompagnata dal
                marito  che  si  chiamava  Orazio,  si  recò  dal  sindaco  di  Los

                Angeles per offrirgli in dono la piccola Hollywood: da dedicare
                alla Madonna. Il sindaco accettò, ringraziò, fece firmare le carte

                da  un  notaio  coi  baffi  e,  pochi  mesi  dopo,  permise  al  signor
                William Selig, fabbricante di film, di «impressionare un po'"di

                pellicola  all'aria  aperta»,  vicino  al  ranch  dell'ingenua
                benefattrice.

                  Qualche anno dopo giungevano, famelici come cercatori d'oro,
                gli indipendenti ribellatisi al trust della Motion Picture Patents
                Company di New York.

                    Il  villaggio  che  la  signora  Wilcox  aveva  dedicato  a  Maria
                Vergine offriva pianure sterminate, stalle luminose, scenografie

                perfette.
                  Tre giovanotti assetati di gloria e quattrini, Goldwyn, Lasky e

                De Mille dissero che era perfetto per girarci The Squaw Man.



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