Page 59 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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state  alla  festa  dei  Cotten.  Ed  ecco  perché  desideravo
                moltissimo andarci.

                  Ma non era il solo perché: si dice, infatti, che alle feste della
                high life hollywoodiana ne succedano di cotte e di crude, che

                autorevolissimi  personaggi  si  ubriachino  al  punto  di  ruzzolare
                vestiti in piscina, che i mariti si scambino le mogli e le mogli i
                mariti, che in tal modo fioriscano i flirt destinati a concludersi

                dinanzi ai giudici di Las Vegas e di Reno. E io volevo vedere.
                Per vedere, ci voleva l'invito. Per avere l'invito, bisognava agire

                con cautela ma con fermezza.
                    Conoscevo  Joseph  Cotten.  Ero  già  stata  da  lui  con  Sammy
                Colt, figlio di Ethel Barrymore, che appartiene all'elite. Ma era

                assolutamente  da  escludersi  che  egli  mi  includesse  con
                entusiasmo  nella  lista  degli  eletti:  compilata  col  medesimo

                scrupolo che un maestro di cerimonie usa per invitare qualcuno
                al  pranzo  di  una  regina  o  di  un  capo  di  Stato.  Chiesi  aiuto  a

                Sammy  Colt  e  Sammy  rispose,  indignato,  che  non  ne  voleva
                sapere. Chiesi aiuto ad altri potenti ed essi risposero, con astio e

                imbarazzo, che nemmeno loro erano stati invitati. Chiesi aiuto a
                Valentina  Cortese,  che  era  a  Hollywood  insieme  col  marito
                Richard Basehart, e costei mi aiutò.

                    Valentina  è  decisa,  e,  fra  quanto  sa  fare  meglio,  nonostante
                l'apparente  timidezza,  è  aiutare  la  gente  a  ficcarsi  nei  guai.  Il

                fatto che io stessi per commettere la stravagante impudenza di
                sollecitare  un  invito,  la  esaltava  come  una  bimba.  Passava  le

                giornate  a  fantasticare  soluzioni  impossibili,  ma  niente  la
                scoraggiava.  Ordiva  congiure,  torturava  il  marito  e  gli  amici

                perché mi portassero, inattesa ospite, alla festa dei Cotten. Alla
                fine mi ordinò di mandare un mazzo di rose a casa dei Cotten,
                chiamò al telefono Joseph Cotten e, con la voce più soave del

                mondo,  gli  disse  che  desiderava  parlargli  perché,  ecco,
                desiderava farmi invitare e che non mi dicesse di no. Cotten è

                assai  educato,  non  disse  infatti  di  no.  Farfugliò,  scommetto
                arrossendo,  un  incomprensibile  «certo,  ne  sono  infinitamente

                felice» e si limitò a farmi giurare che non avrei scritto nulla su



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