Page 34 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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scrivere per Hollywood nemmeno una cartolina di auguri.
Qualche volta lavorano col nome falso, per guadagnare.»
Guardai ancora verso la porta. Ma perché non ci portava il
caffè? Il caffè non si fa mica aspettare due ore. Che strana
ragazza.
«Vuole un bicchiere di latte?» chiese Miller.
«Grazie, gradirei un po'"di caffè» dissi, con decisione. «Glielo
faccio fare subito» disse Miller. Si alzò, andò in cucina, lo sentii
parlottare con una voce di donna, un po'"acuta. «Yes, yes»
diceva.
Credevo che Marilyn avesse una voce più roca.
«Ora arriva il caffè» disse Miller, gentile. «Sicché dicevo che
fu un brutto processo proprio perché ero il marito di Marilyn. Il
fatto che non volessero darmi il passaporto per seguire Marilyn
a Londra mi dette molto fastidio. E mi infastidì anche la battuta
di Winchell: "Gli americani stanno confondendo Marx e Lenin
con Giulietta e Romeo". Che sciocchezza.» Diceva cose assai
interessanti, era una bella intervista. Eppure lo seguivo con
meno attenzione. Uno strano nervosismo mi impediva di
prendere appunti. Volevo il caffè. Stupida ragazza! Perché non
portava il caffè?
«Marilyn...» disse Miller. Alzai la testa di scatto: «Sì?...».
«Marilyn mi fu di grandissimo aiuto» egli continuò. «Sono
molto cambiato da quando conosco lei.» Tacque un poco,
cercando le parole. «Ho più intolleranza e più indignazione.»
Ma perché non veniva questo caffè? «A quarantun anni sono un
uomo nuovo. Attraverso Marilyn ho capito molte cose e solo
dopo il mio matrimonio ho cominciato a vivere, sa?» disse
Arthur Miller. «Io la stimo molto, è una grandissima attrice.
Potrebbe essere una insuperabile tragica, come la Duse. Solo le
creature che hanno il senso dell'umorismo possono ridere sulle
tragedie della vita.» Ma io non prendevo appunti e mi sentivo
ormai furibonda. L'intervista si avviava alla fine e Marilyn non
era ancora venuta. Maligna, antipatica, odiosa. Quando sarebbe
arrivata non le avrei rivolto mezza parola. Miller comprese.
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