Page 28 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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telegramma per lei» disse il portiere.
                    Lo  aprii  mentre  un  brivido  mi  correva  lungo  la  schiena.

                Diceva: «Pregoti urgenza inviare duemila parole voci Monroe
                aspetta  bambino  stop  Europeo».  Fu  la  risata  di  Irving  a  non

                farmi svenire.
                    Irving  rideva  come  non  ho  mai  visto  ridere  un  uomo,
                selvaggiamente,  dolorosamente,  bagnando  gli  occhiali  di

                lacrime,  rischiando  di  soffocare.  Quando  si  calmò,  paonazzo
                come una fragola, il mio choc era superato. Mi sentivo disposta

                a tutto, ed eroica. «Bene» dissi come uno che va a morire.
                  «Credi di potermi aiutare stavolta a vedere la Monroe?» Non
                so  come  accadde.  Qualsiasi  legge  fisica  conferma  certi

                fenomeni  come  impossibili.  Al  momento  in  cui  cominciai  la
                frase, Irving era davanti a me, vivo.

                  Lo potevo vedere e toccare. Quando l'ebbi finita, non c'era più.
                    Non  posso  insistere  neanche  su  questo  secondo  episodio

                perché il mio medico dice che nuoce al mio sistema nervoso. La
                sera  stessa  c'era  la  prima  de  Il  principe  e  la  ballerina,  il  film

                girato  con  Laurence  Olivier.  Marilyn  Monroe  sarebbe
                intervenuta. Non avevo tempo di cercare un colloquio con lei,
                ma  potevo  almeno  vederla,  come  migliaia  di  altre  persone,

                all'ingresso  del  cinema.  Tutto  sommato  avevo  abbastanza
                fortuna.  Così  raccolsi  le  notizie  su  quella  importantissima

                gravidanza, visitai l'ospedale dove Marilyn aveva prenotato la
                camera, cominciai a scrivere le mie duemila parole e mi diressi

                al Radio City Music Hall dove si dava la prima del film. Ero un
                poco in ritardo, ma anche Marilyn è sempre in ritardo, e il mio

                tassista  era  molto  veloce.  Subito  raggiunse  la  Quinta  Avenue,
                per       attraversarla.          Ma,        quasi        all'angolo         fra       la
                Cinquantaquattresima Strada Est e la Quinta Avenue, fermò.

                  «Che succede?» domandai con un senso di presagio.
                  «Una parata» rispose il tassista.

                  «Una parata? Giri da un'altra parte» mi lamentai.
                    «Ci  provi.  Le  cedo  il  volante»  disse,  masticando  chewing-

                gum.  Infatti  eravamo  circondati,  pressati,  imbottigliati  dentro



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