Page 182 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
P. 182
diciannove. I gloriosi pionieri che un tempo governavano le
sorti dei divi, si mettono a uno a uno a riposo: carichi di
delusioni. È di moda produrre film ribellandosi alla egemonia
delle antiche case produttrici. Certo Harry Cohn, il padrone
della Columbia, conta ancora moltissimo e tutti tremano a
vederlo dietro la sua scrivania mentre, con la grinta di un
gangster, si fa fare la barba, mangia un panino, risponde a due
telefonate tenendo un ricevitore a un orecchio e uno all'altro, e
da ordini secchi come fucilate. Certo Howard Hughes è ancora
potente sulla sua invisibile poltrona di padrone della 20th
Century Fox, e nessuno può avvicinarlo, tanto è potente, né
chiamarlo al telefono: è lui che chiama, se vuole, e solo
attraverso il suo ufficio al numero 7000 di Roman's Street, dove
in sedici anni non ha mai messo piede e dove lavorano solo
mormoni che, per la loro religione, non bevono, non fumano,
non dicono bugie e aprono bocca solo se è indispensabile. Ma se
dovessi dire chi è, oggi, l'uomo più autorevole e rappresentativo
di Hollywood, non sceglierei Cecil De Mille, né Harry Cohn, né
Howard Hughes. Sceglierei Burt Lancaster, l'ex acrobata dalla
testa piena di numeri e di idee temerarie, l'attore che non ha mai
studiato recitazione, il produttore che non ha mai sentito parlare
di scienze economiche e che, in dieci anni, ha costruito
l'industria da cui è sfociata la Rivolta delle Star.
La sua storia è sconcertante. Prima di venire a Hollywood,
l'unico contributo fornito da Burt Lancaster all'industria dello
spettacolo fu quello di stare a capo all'ingiù su un trampolino
sospeso a venticinque metri da terra. Burt lavorava in un circo.
Figlio di un postino di Brooklyn di origine irlandese, scolaro
senza diligenza, tutto quello che riuscì a conquistare dopo anni
di inutile studio fu un diploma di maestro in ginnastica e una
medaglia al campionato di basket- ball. In seguito fu camionista
e giocoliere. Gli piaceva fare il vagabondo e dare prova di
audacia. Credette di toccare la luna quando, in coppia con un
trapezista alto centoquaranta centimetri, Nick Cravat, cominciò
a esibirsi a capo all'ingiù su quel trampolino. A quel tempo
182