Page 179 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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Capitolo secondo


                    L'Odiato  Superuomo  era  meno  facile  da  accostare  del  re.
                Perché  è  più  potente.  Dovetti  fissare  con  un  mese  e  una

                settimana di anticipo l'appuntamento con lui. Ed ebbi fortuna. A
                volte aspettano un anno per dirgli soltanto: «Come va?». Ma poi
                il gran giorno arrivò, e la porta del suo ufficio si aprì e, quasi

                spinto da una ventata, irruppe con tutto il suo metro e novanta di
                altezza, le sue centottantadue libbre di muscoli («senza un'oncia

                di grasso» dichiara), le sue decine di milioni di dollari, la sua
                gloria di produttore più stimato e temuto di Hollywood.

                  Indossava un paio di pantaloni senza piega e una giacchetta
                che, giurerei, s'era messa un attimo prima imprecando di collera.

                La camicia, aperta sul collo taurino, era senza cravatta. I capelli
                biondocastani, ispidi e corti, sembravano tagliati con le forbici
                di un calzolaio. Non dimostrava i quarantaquattro anni che ha.

                Si muoveva a scatti, con l'agilità di un professore di ginnastica,
                al  quale  si  potrebbe  paragonare  se  l'espressione  del  volto  non

                fosse  quella  di  un  capo  di  azienda  oppresso  da  gravi
                responsabilità.

                    L'Odiato  Superuomo  ha  infatti  la  fronte  sempre  aggrottata.
                Porta  gli  occhiali  a  stanghetta  attraverso  i  quali  lo  sguardo

                azzurro  filtra  con  inesorabile  freddezza.  Sorride  di  un  sorriso
                che  è  piuttosto  un  modo  di  scostare  le  labbra,  quasi  facesse
                esaminare  da  un  dentista  i  canini  e  gli  incisivi  che  ha  larghi,

                lunghi, candidi come la tastiera di un pianoforte e giustificano la
                battuta  che  mi  piace  tanto:  se  Burt  tenesse  un  candelabro  in

                mano, Liberace potrebbe suonare su quei denti una canzone.
                  L'Odiato Superuomo è Burt Lancaster.

                  «All'inferno Hollywood!» esplose Burt Lancaster avanzando
                verso  di  me  e,  istintivamente,  feci  un  salto  all'indietro.  Tutti

                dicono  che  è  violento,  selvaggio  e  attaccabrighe:  piglia  a
                cazzotti per un nonnulla. Invece era il suo modo per scusarsi di
                avermi fatto aspettare tanto tempo, costringendomi a rimandare

                una partenza agognata. La sua intervista era l'ultima. Ne avevo



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