Page 186 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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ricostruire in teatro la piantagione di canna da zucchero? Vai in
una piantagione di canna da zucchero, no? A questo modo si
fece The Flame and the Arrow e andò bene. Si fece Il Corsaro
dell'Isola Verde e andò bene.
Intendiamoci: a quel tempo s'era semindipendenti: una
compagnia cinematografica mica si inventa da un giorno
all'altro, sai. Ma con Vera Cruz si era già indipendenti e potei
levarmi la voglia di girare un film come regista: The
Kentuckian. Bella mia, che rabbia si presero i padroncini di
Hollywood! Quando feci la domanda di ammissione al
sindacato registi, me la spedirono indietro dicendo di non
provarci mai più.
E lo sai che cosa feci? Lo diressi lo stesso, senza la tessera del
sindacato, ah ah! E poi Hecht vide alla televisione quella
commedia, Marty. Era un soggetto umano e in quel momento
avevamo pochi soldi da spendere. Così io prendo caratteristi
come Betsy Blair e Borgnine, e un regista della TV che è bravo,
ma nessuno lo conosce, e faccio Marty, mentre i padroncini mi
guardano col sopracciglio rialzato. Ma lo abbassarono, sai.
Marty fu il primo film americano che vinse il Festival di Cannes
dopo la guerra. Ah, ah!».
Fu anche il film che consacrò la fama di Lancaster come
produttore. Presto la Norma Productions raddoppiò le azioni e si
arricchì di un terzo uomo: James Hill, ex soggettista della MGM
e marito di Eita Hayworth. Si formò il triumvirato Hecht- Hill-
Lancaster.
«Ormai posso permettermi di scritturare gli ingegni migliori
del mondo,» disse Lancaster «e non sono il solo. Ormai
Hollywood è una terra di indipendenti. Ah, ah!» Da quel
momento, Hollywood prese a odiare l'ex acrobata e a chiamarlo
«He Man» che vuol dire, press'a poco, il Superuomo.
Hollywood poteva permettergli d'essere ancora maleducato, di
non farsi fotografare in smoking perché si vergogna a indossare
lo smoking, di non andare alla Messa della domenica, di non
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