Page 160 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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Fortunatamente, il Bureau of Revenue provvede alla sua
tranquillità spirituale crocifiggendolo con tasse micidiali.
Sfortunatamente, questa premura governativa non basta: gli
restano tanti quattrini che l'ex ribelle è costretto a impiegarli
nell'acquisto di fattorie, pozzi di petrolio e mucche, ha
un'industria di formaggi. La sua metamorfosi, però, è stata
lunghissima e dolorosa. Risale all'epoca in cui gli dettero
l'Oscar per Fronte del Porto e si presentò alla cerimonia in
smoking, sbarbato di fresco, e fece questo sensazionale
discorso: «Grazie molto...
uh... grazie molto... uh, uh... questo coso... uh... pesa più di
quanto immaginassi... uh... io... uh... ho qualcosa da dire... uh,
uh... ma non lo ricordo mica, uh... però... uh... sono molto
contento e penso che vi siano molte persone alle quali sono
debitore per il raro privilegio che mi viene concesso questa sera,
ciao a tutti». Era il 1955 e un altro ribelle si aggirava per
Hollywood indossando i panni del suo personaggio in declino:
James Dean.
Anche Dean non diceva niente di nuovo. Se in qualche modo
Montgomery Clift era vicino ai ragazzi «bruciati» d'una società
sconvolta dalla guerra, dove tutto era possibile e dove imperava
la solitudine, se somigliava davvero a quei disperati che la
letteratura americana ci ha presentato con diversi libri come, che
so io? quel Second Ending di Evan Hunter (tradotto in Italia col
titolo ex Aria chiusa) e se Brando ripeteva a modo suo certe
manie di brutalità, certe decadenze già rappresentate da Il
piccolo campo di Caldwell o dalle tragedie di Tennessee
Williams (non a caso, prima di entrare nel cinema, era già
famoso a Broadway, interpretando a dorso nudo il bruto di Un
tram che si chiama desiderio), Dean, con la sua atteggiata
disperazione, con quei suoi nervi maciullati da non si sa che,
tratteggiava il protagonista di un'equivoca decadenza, ricevuta
in America da costumi e abitudini europei, assieme con le
toilette di Dior e di Fath, che avevano sconvolto la moda e il
mercato degli Stati Uniti, al neorealismo di Rossellini tanto
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