Page 164 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
P. 164

saggiare il giudizio del pubblico. Sul cartellone c'era un western
                con Kirk Douglas e Burt Lancaster. La sala era piena di giovani.

                  Finì il western e sullo schermo apparve, inaspettato, il faccione
                color  ocra  di  Presley.  Fu  come  lanciare  una  bomba.  Le

                teenagers  balzarono  in  piedi  e  tendendo  le  braccia  verso  lo
                schermo, aggrappandosi al collo l'una dell'altra, battendo i piedi
                per fermare l'eccitazione, cominciarono ad alzare urla strazianti,

                a  buttare  baci,  a  implorare  immaginarie  carezze.  Gridavano  e
                piangevano, piangevano e ridevano, incapaci di controllarsi. Io

                sedevo accanto a una ragazza sui sedici anni, bellina, dall'aria
                educata.  Durante  il  film  western  era  rimasta  buona  buona  a
                sgranocchiar  noccioline.  Qualche  volta  m'era  parso  perfino  di

                vederla  appisolare.  Ma  quando  Elvis  Presley  si  mostrò  per
                intero, con la sua camicia nera da teppista, i suoi pantalonacci

                senza  piega,  con  a  tracolla  la  chitarra  che  non  sa  suonare,  la
                ragazza si aggrappò al mio braccio, farfugliò: «Elvis, Elvis» e

                svenne. Nessuno, quindi, si sentirebbe di negare a Elvis Presley
                il titolo di rubacuori, sebbene

                    «Confidential»  gli  abbia  rivolto  le  medesime  accuse  che
                rivolse a Liberace. S'è fidanzato almeno una dozzina di volte, ha
                presentato queste fidanzate al babbo e alla mamma, e tutti sanno

                che  non  le  ha  sposate  per  colpa  di  Tom  Parker,  che  è  un
                omaccione  sui  cinquantanni,  ex  commerciante  di  patate  e

                legumi, autoelettosi colonnello perché, a Hollywood, colonnelli
                e  marchesi  fanno  sempre  una  certa  impressione.  Il  colonnello

                Parker conobbe Elvis Presley quando questo faceva il garzone
                di bottega nel Tennessee. Fu sedotto da quelle labbra a bocciolo

                e da quella chitarra: lo lanciò come
                    «il  ribelle  del  rock».  Oggi  gli  fa  da  manager,  gli  sceglie  i
                contratti, gli prepara lo zabaglione e gli allontana le donne.

                    «Il  matrimonio»  mi  disse  Tom  Parker  «nuocerebbe  alla  sua
                carriera di attore. Non sento odore di confetti finché Elvis si fida

                di me.» Sul suo volto rosa, stranamente privo di barba, vedevo
                un ambiguo sorriso.

                  E sin qui, Presley assomiglia, in un certo modo e con le dovute



                                                           164
   159   160   161   162   163   164   165   166   167   168   169