Page 152 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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Capitolo ottavo
Incontrai quel ragazzo in casa di Cobina Wright, giornalista
mondana. Era tarchiato, bruttino, con la camicia a quadri e
l'espressione cupa sulla larga faccia di contadino. Qualcuno gli
aveva dato l'indirizzo di Cobina spiegando che è una donna
importante sicché era venuto a chiedere come si fa, a
Hollywood, per diventare un attore.
Sedeva sul divano di velluto celeste con cautela e sembrava
ansioso di sentirla parlare. Cobina lo fissava con gli occhi un
po'"miopi, accarezzando un barboncino da cinquecento dollari,
e taceva.
Poi, d'un tratto, gli domandò perché mai volesse diventare un
attore.
Il ragazzo non s'aspettava quella domanda. «Perché lo sento,
ecco. È qualcosa che ho qui, qui» e si batteva sullo stomaco.
Aveva mani forti e callose, dalle unghie nere.
Cobina disse in italiano perché non capisse: «Sono tutti uguali.
Mi ricorda un altro ragazzo che anni fa venne a chiedermi le
medesime cose. Si chiamava James Dean». Udendo quel nome,
il ragazzo si agitò, lo sguardo gli divenne speranzoso. «Conosco
Ben Bard, il maestro di recitazione che dirige il vivaio degli
attori della 20th Century Fox. Ecco il suo numero, cercherò di
fare qualcosa per te»
disse Cobina. Lo sguardo speranzoso tornò a essere cupo. Il
ragazzo si alzò mugolando un ringraziamento indistinto.
«Vuoi bere un whisky?» chiese Cobina, annoiata.
Il ragazzo scosse la testa: «Nop». «E non parlare in dialetto,
capito? Devi parlare in un ottimo inglese se vuoi diventare
attore.» «Yep.» «Macché Yep! Yes devi dire, capito?» «Yep.»
Camminava all'indietro, in direzione dell'uscio. «Torna pure.
Ricevo tutti perché faccio una buona azione ogni giorno» disse
Cobina.
«Yep.» Non sapeva nemmeno aprire l'uscio. Tremava.
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