Page 78 - Oriana Fallaci - 1968
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bicchierino  di  tè  costa  un  dollaro  e  trentacinque.  Goccia  di
                Lacrima ne ha chiesti venti. Tra una cosa e l’altra, mi ha fatto

                spendere quasi ventimila lire.





                Tra USA e Vietnam un matrimonio di convenienza



                IL  FUNZIONARIO  AMERICANO.  Sembra  impazzito  di  rabbia.

                Batte i pugni sul tavolo, grida: «Figli di cani! Figli di cani!». A
                ogni pugno il telefono salta e tintinna. La segretaria chiude con
                cautela  la  porta  ma  non  serve  a  nulla  e  dall’uscio  chiuso

                continui  a  udire  quei  colpi,  quel  tintinnar  del  telefono,  quella
                voce che grida: «Figli di cani! Figli di cani!». Il fatto è che il

                generale Loan ha fatto arrestare due inviati del Fronte nazionale
                di  liberazione  che  si  recavano  a  prendere  contatti  con

                l’ambasciata: un professore universitario e un suo assistente. A
                quanto  pare,  nemmeno  comunisti.  Era  stata  la  CIA  a

                organizzare l’incontro e l’ambasciata lo considerava di estrema
                importanza per eventuali approcci di negoziati. Il generale Loan
                ha molti informatori, i due poveretti sono stati arrestati mentre

                stavano  per  oltrepassare  il  cancello  dell’ambasciata.  La  sede
                dell’ambasciata  è  un  enorme  fortino  bianco,  circondato  da  un

                muro  di  cinta.  È  stata  costruita  e  inaugurata  che  è  poco,  in
                sostituzione di quella che i vietcong fecero saltare circa un anno
                fa.  All’ingresso  c’è  una  lapide  che  ricorda  le  vittime

                dell’attentato:  un  centinaio  fra  morti  e  feriti.  Ora  il  Fronte  di
                liberazione nazionale attribuirà agli americani la responsabilità

                dell’arresto, parlerà magari di tradimento, e le prese di contatto
                diverranno impossibili. Barry Zorthian ripete che l’ambasciatore

                Bunker non ne sapeva nulla, che il governo americano collabora
                strettamente  col  governo  vietnamita,  che  l’ambasciata  non  si

                permetterebbe mai di parlare con un vietcong senza il consenso
                del governo vietnamita eccetera eccetera. Il funzionario batte i
                pugni sul tavolo e la sua voce sembra ormai incrinata dal pianto:

                «Figli di cani! Figli di cani!».
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