Page 77 - Oriana Fallaci - 1968
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belline, vestite all’occidentale, con la minigonna. Appena entro
                se  ne  alza  una  e  mi  chiede  di  offrirle  un  whisky.  Va  bene,

                rispondo, e il barista le allunga un bicchierino di liquido giallo.
                Lei finge di urtarlo e lo rovescia. Così ne chiede un altro. Poi un

                altro, poi un altro ancora: che finge di bere. Il quarto glielo tolgo
                di mano e lo bevo io: è tè senza zucchero. La prostituta ride,

                dice  che  sono  furba,  vuol  sapere  che  voglio.  Porle  alcune
                domande, rispondo.
                    «Cinquecento piastre» ribatte. Le do cinquecento piastre, mi

                siedo  con  lei  sulla  panca.  Un  GI  mi  guarda  sorpreso,  poi
                scandalizzato.  «Are  you  American?»  chiede.  La  prostituta  ha

                ventun anni e si chiama Le, che vuol dire Goccia di Lacrima.
                Parla inglese, racconta d’esser nata ad Hanoi, di non vivere col

                padre  e  la  madre  da  che  ha  avuto  un  figlio.  Biondo.  Non  si
                vergogna affatto del mestiere che fa, l’altro giorno ha marciato
                con  altre  duecento  colleghe  dinanzi  all’Unione  Sindacati:  per

                protestare  contro  il  presidente  Van  Thieu  che  vuol  chiudere  i
                centosessanta cabaret e i quarantasette dancing di Saigon. «Solo

                in città siamo cinquantamila e dove andiamo se lui ci chiude i
                posti?» È arrabbiata anche con gli americani, che da alcuni mesi

                impediscono  ai  soldati  di  uscir  dalle  basi  per  sfuggire  alla
                malattia che in tutta l’Asia ormai chiamano rosa di Saigon. Il

                provvedimento si deve allo stesso generale Westmoreland ed è
                conosciuto  come  Operazione  Moose,  che  scomposta  significa:
                Move Out Of Saigon Expeditiously, allontanarsi da Saigon alla

                svelta.  «Sono  rimasti  soltanto  trentaseimila  soldati,  non  ci
                bastano mica» si lamenta Goccia di Lacrima. E poi il ministro

                della  Sanità,  brutto  porco,  vuole  concentrarle  in  un  quartiere
                periferico  per  sottoporle  a  controllo  sanitario  e  frenare
                l’espandersi  del  contagio:  «Io  non  ci  vado!».  Mama  San,  la

                tenutaria, interviene dondolando il faccione e il grande sedere:
                «Il contagio lo portano loro, gli americani! Sono forti e grossi,

                hanno  i  microbi  più  forti  e  grossi  dei  nostri!».  Poi  strizza
                l’occhio a Goccia di Lacrima che si mette ad accarezzarmi un

                ginocchio.  Impaurita  mi  alzo,  chiedo  il  conto,  scappo.  Ogni
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