Page 80 - Oriana Fallaci - 1968
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IL  TERRORE  DI  SAIGON. Parla come se recitasse una poesia di
                Prévert, una cantilena detta in un sussurro. Ama le rose fino allo

                spasimo, nel suo ufficio ne ha sempre di fresche: con una perla
                di rugiada su un petalo. Compone musica molto gentile, la notte

                suona il pianoforte o ascolta Bach, Brahms, Chopin. Viene da
                una  famiglia  di  milionari,  è  il  più  vecchio  di  undici  figli  e  si
                definisce «il più cretino degli undici» perché le sue tre sorelle

                sono medici, due dei suoi fratelli anche, altri tre sono farmacisti
                e altri due ingegneri. Lui, a trentasett’anni, è generale. Ha fama

                di donnaiolo e di gran bevitore, si giustifica ammettendo che è
                un  enfant  gaté,  un  figlio  di  papà:  tuttavia  con  buonsenso.  A

                fianco  della  sua  scrivania  tiene  questa  poesia  incorniciata:
                «Cresci placidamente fra il rumore degli altri / Ricorda che la

                pace  può  esistere  solo  nel  tuo  silenzio  /  Sia  pure  senza
                arrenderti, vai d’accordo con tutti / Esponi la tua verità in modo
                quieto e tranquillo / ascolta il parere degli altri con cuore aperto

                e mente spalancata / Anche se gli altri sono più stupidi e più
                ignoranti di te». Sa il francese come il vietnamita, ha studiato in

                Francia  dal  cinquantatré  al  cinquantotto:  prima  in  un  collegio
                cattolico  e  poi  all’università.  In  quei  cinque  anni  ha  preso  tre

                lauree:  una  in  farmacia,  una  in  scienze  naturali,  una  in
                ingegneria. È stato più volte in America, ha girato l’Europa più

                del  Vietnam,  conosce  Firenze  e  Venezia  meglio  di  Saigon.  È
                sposato, con quattro figli che ama teneramente: uno di otto, uno
                di sei, uno di quattro, uno di due anni. Ha un’ulcera al duodeno

                che  lo  fa  molto  soffrire,  ma  controlla  il  dolore  con  grazia
                infinita,  appena  pressando  una  mano  bianca  e  delicata  sul

                ventre. Fisicamente è fragile, magro, e ha un volto minuscolo da
                cui  il  mento  sfugge  con  tale  rapidità  da  non  farti  accorgere
                nemmeno  che  esista.  Veste  sempre  in  divisa  malgrado  si

                esprima  sui  militari  in  modo  non  generoso:  «Sono  bestie
                disciplinate». E questo è Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia

                nazionale,  questo  è  l’uomo  che  in  poco  più  di  due  anni  ha
                stroncato  i  vietcong  di  Saigon,  ne  tiene  in  galera  dai  tre  ai

                quattromila.  È  l’uomo  che  ha  messo  in  ginocchio  i  buddisti
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