Page 85 - Oriana Fallaci - 1968
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Addio Saigon
Prima di lasciare il Vietnam un ultimo saluto alla città
dolorante e insanguinata. «Ci sembra quasi assurdo rientrare
in un mondo dove si piange per un morto solo e non si sente
sparare i cannoni. In certo senso ci sembra di fuggire,
disertare.» Ma non starà lontana per molto.
Saigon, gennaio-febbraio
LA CAMERA ARDENTE. Ieri l’altro hanno ammazzato il deputato
Bui Quang San, leader quarantacinquenne del Partito
Kuomintang. Lo hanno ammazzato in casa mentre scriveva una
lettera seduto alla sua scrivania. Sono entrati due uomini e gli
hanno sparato nel collo e nel petto, uccidendolo sul colpo, poi
hanno ingiunto alla moglie di non muoversi dalla cucina e sono
usciti lasciando sulla scrivania una sentenza di morte. La
sentenza era scritta a macchina, firmata dal Fronte nazionale di
liberazione, e diceva che Bui Quang San era stato riconosciuto
colpevole di crimini contro il popolo, inoltre d’aver permesso a
suo figlio di lavorare con la CIA. Il corpo di Bui Quang San è
stato portato all’Assemblea nazionale, che è di fronte al mio
albergo. La camera ardente è stata allestita nel salone delle
conferenze, che è di fronte alla mia stanza. Le sue finestre sono
proprio dinanzi alle mie, solo un piano più in basso. Così
ovunque mi muova continuo a vedere il catafalco di Bui Quang
San, il suo cadavere illuminato dai ceri. Ho provato a chiudere
le persiane: ma il bagliore dei ceri si riflette lo stesso nei vetri.
Ho provato a tirare le tende: ma il puzzo dei ceri mi raggiunge