Page 88 - Oriana Fallaci - 1968
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domanda era sempre la stessa: «Conosci quel tipo?». Credendo
di poterlo aiutare, lui rispose sì. Gli saltarono addosso e lo
portarono via. Rimase venti giorni in prigione: praticamente
dimenticato. Accade spesso quando c’è una retata. Magari si
ricordano di te dopo un mese, due mesi, così ti fanno
un’indagine molto sommaria e ti mandano via. «Però fu orrendo
lo stesso. Giorno e notte li udivo urlare sotto le torture. Giorno e
notte. Che urli. Hai una reazione egoista: non soffri per loro,
soffri per te stesso. Pensi: ora fa il mio nome. Nessuno fece il
mio nome ed eccomi qui. Però vivo nell’incubo che mi arrestino
ancora, si accorgano di avere commesso un errore. Nel Fronte di
liberazione nazionale io ci sono da ventidue anni, da quando si
faceva la guerra ai francesi. A quel tempo l’ordine era: non
collaborare coi colonialisti, lasciare le città e ritirarsi nelle
campagne. Io andai nelle risaie, ma non avevamo fucili né
munizioni, così dopo un anno tornai in città. Fino al 1958 la vita
in città non fu brutta. Diem non era poi tremendo e noi
dell’FLN si faceva poco. La gente ci chiamava “quelli del
cosiddetto Fronte” e poi il Fronte non era nelle mani dei
comunisti. Per lo più eravamo nazionalisti, liberali, socialisti.
Del resto anche oggi il capo non è un comunista, è un
nazionalista: l’avvocato Nguyen Hun Tho. Poi Madame Nhu
cominciò a darci noia, i buddisti a fare le dimostrazioni. Ci
parve un’occasione buona e ci mischiammo a loro. Ma gli
americani sciuparono tutto, appoggiando i militari. Per questo
odiamo gli americani. E poi li odiamo perché ci chiamano
barbari, lenti, cretini, e perché sono prepotenti. E le
evacuazioni? Se un villaggio è in zona vietcong, senta un po’
che cosa fanno. Mandano una compagnia di coreani, che sono i
più spietati, crudeli, poi annunciano con l’altoparlante: “Fra
quarantacinque minuti daremo fuoco al villaggio. Allinearsi per
i camion”. In quarantacinque minuti che fai? Gli abitanti
cercano di raccogliere le masserizie ma i coreani non gliene
danno il tempo. Li spingono coi calci dei fucili, con le pedate,
mentre le donne piangono, i bambini strillano. E poi c’è un’altra