Page 89 - Oriana Fallaci - 1968
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cosa.  Nei  villaggi  il  culto  dei  morti  è  profondo:  lasciare  il
                tempietto  consacrato  ai  morti  senza  accendere  una  candela  è

                gran sacrilegio. Spesso, prima che il camion si muova, qualcuno
                corre  ad  accendere  la  candela.  Ma  i  coreani  non  vogliono  e

                mentre corre lo stendono con una raffica. Quando le fiamme si
                alzano sopra il villaggio c’è sempre qualche morto che giace,
                crivellato di colpi.»

                    L’uomo senza volto mi parla a voce bassissima e i suoi occhi
                si  muovono  inquieti  verso  la  porta,  i  suoi  orecchi  son  tesi  a

                captare il più lieve rumore. Il suo lavoro non consiste nel fare
                attentati,  è  più  che  altro  un  lavoro  di  propaganda:  manifesti

                eccetera.  Ma  le  spie  sono  dappertutto.  «Prima  le  spie  non
                c’erano perché la polizia non pagava. I suoi capi eran corrotti e

                rubavano tutto il denaro per pagare le informazioni. Ora invece
                c’è il generale Loan. Lui è ricco e non ruba: i soldi li adopera
                per pagare le spie. Non si fa più nulla da quando c’è Loan. Né

                attentati, nulla. Siamo tutti assai scoraggiati. Paralizzati in una
                specie di attesa. Abbiamo troppa paura. Chi mi garantisce che

                lei non sia una spia? Chiunque può fare la spia. Una moglie, un
                fratello, un figlio. Io ho un figlio di diciotto anni. L’ho nascosto

                in  un  collegio  perché  sfugga  alla  mobilitazione  generale.
                Quando mi ha detto che non è d’accordo con me, che non ha le

                mie  idee  e  se  lo  richiamano  va,  ho  sentito  una  grande  paura.
                Potrebbe denunciarmi.»


                IL  PROFUGO  RICCO.  Siede  come  un  arcivescovo  circondato  di

                fedeli  in  mezzo  alla  sua  famiglia:  venti  persone  fra  nonno,
                nonna, padre, madre, figli, nipoti, cognati, cognate, e un cane.

                Ha quarantacinque anni, si chiama Tran Minh Kha, la sua casa è
                un  comodo  appartamento  nel  quartiere  residenziale:  col

                frigorifero,  il  ventilatore,  il  telefono,  cose  rare  a  Saigon.  Al
                Nord,  dove  abitava  nella  provincia  di  Bui  Dinh,  era

                straordinariamente  ricco:  tre  villaggi  interi  gli  appartenevano.
                Con le risaie, i boschi, e la vita dei contadini. Fuggì otto anni fa,
                dopo che Ho Chi Minh ebbe consolidato il potere: gli avevano
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